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Renzo Penna: “Uscire dalla crisi con un nuovo modello di sviluppo”

Di Renzo Penna – “C’è stato un tempo, a far data dagli anni ’80, nel quale chi seguiva, o continuava ad interessarsi ai problemi dei lavoratori, degli operai, veniva considerato, anche nel centrosinistra, alla stregua di uno studioso del ‘giurassico’. Un giudizio al quale, va riconosciuto, non mancavano i presupposti. Negli anni ’90, infatti, vi è stato chi, Jeremy Rifkin, ha teorizzato “la fine del lavoro” e la sostituzione, attraverso l’informatica e i robot, dei vecchi mestieri e dei lavori manuali più faticosi. In precedenza, già negli anni ’70, era entrata, progressivamente, in crisi la fabbrica ‘fordista’ e il modello di produzione ‘tayloristico’, con migliaia di operai impegnati nello stesso luogo, in mansioni ripetitive e alienanti, alla realizzazione in serie di prodotti e beni di massa. Una crisi e un cambiamento che, però, ha riguardato i Paesi maggiormente sviluppati dell’Occidente, mentre, ad iniziare dagli anni ’90 del secolo scorso, con l’affermarsi della globalizzazione, numerose lavorazioni, considerate a minor valore aggiunto, sono state semplicemente trasferite in zone dove il costo e le condizioni del lavoro: bassi salari, assenza di diritti e di norme a tutela della sicurezza, della salute e dell’ambiente, permettevano alle imprese, in carenza di conflitti sociali, di massimizzare i profitti.

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Paolo Leon: “i poteri ignoranti”

L’economista Paolo LEON oggi avrebbe compiuto 85 anni.

Socialista, estimatore di Riccardo Lombardi, collaboratore della CGIL, amico di Fausto Vigevani e dell’associazione “Labour”. La sua intelligenza e la sua autonomia sarebbero quanto mai necessari alla sinistra per affrontare gli attuali problemi economici e sociali dell’Italia e dell’Europa. Lo ricordiamo riportando le conclusioni del suo ultimo libro: “i poteri ignoranti”, Castelvecchi 2016: «Le ragioni economiche per le quali gli Stati e la politica non intervengono direttamente per aumentare la domanda effettiva dopo il crollo, la depressione e la deflazione, sono certamente di origine sociale e politica. Il meglio che si possa dire è che gli Stati non sono stupidi, ma sono ormai un potere ignorante che agisce sulla base della cultura di chi li governa, e questa è ormai resa ottusa dall’ideologia del libero mercato, che sostiene come qualsiasi intervento pubblico genera più costi che benefici – e questa convinzione accomuna gli imprenditori ai capitalisti, i sostenitori della “terza via” come i partiti conservatori e libertari. Allo stesso tempo, questa ideologia resiste agli urti della crisi, quando i costi superano largamente i benefici, perché la crescente concentrazione della ricchezza per i capitalisti e dei compensi per gli imprenditori giustifica continuamente il diritto dei pochi – e perciò il dovere alla povertà degli altri».

26 aprile 2020

Penna: “Le celebrazioni mancate nei giorni del contagio”

di Renzo Penna – Non solo la Benedicta, la Festa della Liberazione e il Primo Maggio, ma anche le Vittime civili dei bombardamenti della seconda Guerra Mondiale

“Uno dei comportamenti che sta diventando abituale nella difesa dal contagio è la ricerca della distanza con l’altro e gli altri. Camminando, se ci si incrocia, uno dei due cambia direzione, la copertura del volto, poi, accentua l’anonimato e i saluti si riducono a brontolii o a cenni delle mani. Una consuetudine certo obbligata e virtuosa per ridurre la rischiosa invadenza del Covid-19, ma che impedisce i contatti, le riunioni, gli incontri e muta nel profondo i rapporti sociali. A soffrire sono e saranno le pubbliche celebrazioni che scandiscono le ricorrenze civili della nostra democrazia.

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SergioNegri: “Un ricordo di Luis Sepulveda”

Di Sergio Negri – “Ho conosciuto Luis Sepulveda grazie a un’intervista che mi fu commissionata dalla Cgil nazionale in occasione del suo centenario. Era il 2006 e lo scrittore era giunto ad Arona, bella cittadina sul lago Maggiore, a presentare il suo libro “Il Potere dei Sogni”. Fu una chiacchierata molto gradevole, allo stesso modo come fu ascoltare le sue parole, le argomentazioni, i pensieri espressi durante la presentazione del suo libro.
Iniziò raccontandomi qualcosa di sé. Mi rivelò di essere stato, con altri suoi coetanei, un giovanissimo consigliere di Salvador Allende, il Presidente del Cile assassinato l’undici settembre del 1973 dalle forze militari del generale Pinochet con la complicità della Cia.

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Sergio Negri: “Il mio ricordo di Vigevani”

Sergio Negri ha ricordato Fausto Vigevani in questa intervista curata da Alessandro Mauriello e pubblicata sul sito di “Tempi Moderni” il  24 marzo 2020

Dott. Negri, lei è una figura poliedrica: sindacalista, giornalista e scrittore nonché docente presso Università di Torino su temi importanti come il mobbing. Ci può descrivere il suo percorso sindacale in relazione alla figura di Fausto Vigevani?
Ho conosciuto Fausto Vigevani a Novara nel lontano 1968, quando fu eletto Segretario Generale della Camera del Lavoro provinciale. Noi eravamo un gruppo di studenti al Liceo, agli albori di quello che sarà ricordato come l’anno della contestazione giovanile. Vigevani, di prima mattina, dopo aver accompagnato le figlie a scuola, rimaneva in auto, una Fiat cinquecento, a leggere i giornali e ad aspettare che giungesse qualcuno ad aprire la sede del sindacato.
Lo incontravamo ogni mattina e in quelle occasioni nascevano spesso confronti vivaci. Lui però era di gran lunga più bravo di noi. Argomentava condizioni e circostanze, comprovava decisioni e comportamenti, mentre noi ripetevamo con quell’accumulo di arroganza giovanile, caratteristica di quegli anni, i nostri slogan ancora confusi e immaturi.
Trascorsero gli anni e imparammo a conoscere Fausto Vigevani e ad apprezzare la sua onestà, la sua coerenza, a condividerne le idee (io mi sono iscritto al PSI grazie a lui), ad ammirare il suo lavoro. Così molti di noi iniziarono a occuparsi di sindacatoe a iniziare il loro percorso alla Cgil.

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L’appello di 103 economisti: “Ue e Bce, non è così che si supera la crisi”

La Banca centrale prima archivia Draghi, poi fa marcia indietro costretta dalla reazione dei mercati, ma intanto ha perso l’arma decisiva della credibilità. La Ue prende alcune misure ma non rinnega – anzi di fatto conferma – la logica economica che ci condanna a una crisi perenne. Cosa è necessario davvero. Da “MicroMega”.

Tra i firmatari: Daniela Palma, Leonello Tronti, Alessandro Roncaglia, Carlo Clericetti  

“Neanche di fronte a un disastro l’attuale classe dirigente europea è disposta a prendere atto che le idee che hanno guidato finora la politica economica sono profondamente sbagliate. Questa classe dirigente pretende che tali idee interpretino il modo migliore di far funzionare i mercati, elevati a mitici giudici di ciò che è giusto e ciò che non lo è e di fatto sostituiti al processo democratico. Ma proprio la reazione dei mercati alle prime decisioni dei ministri finanziari e poi della Bce su come fronteggiare l’emergenza hanno sepolto sotto una valanga di vendite da panico la palese incomprensione della situazione da parte dei massimi dirigenti europei, costringendoli a frettolosi tentativi di riparazione.

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Gallino: “Perché la crisi non è quella che vi raccontano”

In questi giorni di forzato isolamento, mentre i mezzi di informazione ci trasmettono la paura per un nemico invisibile e assistiamo con sofferenza e angoscia ai limiti di un sistema sanitario pubblico che, nonostante l’abnegazione di medici, tecnici e infermieri, non riesce – soprattutto nelle città della Lombardia, la Regione più importante e, per reddito e Pil prodotto, ricca del Paese – a fronteggiare le domande di cura e assistenza dei cittadini, ritengo sia utile ragionare sulle cause che tutto ciò ha determinato. Per provare, una volta superata l’emergenza, a cambiare. 

A tale proposito, e visto che in questo periodo il tempo da dedicare alla lettura non manca, mi permetto di segnalarvi l’ultimo libro di Luciano Gallino, pubblicato con l’autore ancora in vita. Si tratta di “Il Denaro il Debito e la Doppia crisi” (Einaudi, 2015) che il sociologo torinese, di storia e cultura socialista, ha scritto per i suoi nipoti e per tutti noi, suoi ‘virtuali’ nipoti. Per intanto, di seguito, Vi propongo la prefazione: “Perché la crisi non è quella che vi raccontano”.

Renzo, 18 marzo 2020

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Penna: “LACRIME DI COCCODRILLO PER LA SANITA’ PUBBLICA”

Di Renzo Penna – “Abbondano le lacrime di coccodrillo per le difficili condizioni che sta attraversando la sanità pubblica stressata dall’epidemia di Coronavirus, dopo decenni di tagli nel trasferimento delle risorse, di riduzioni del personale (infermieri, medici e tecnici di laboratorio), posti letto e chiusure affrettate di piccole e medie strutture, sovente presidi preziosi per il territorio e, nell’attuale emergenza, utili anche per isolare il contagio. Con dipendenti costretti, molto prima dell’insorgere del Covid-19, a straordinari e turni massacranti, e il ricorso, da più parti, a medici già in pensione. Recriminazioni poco credibili, specie se provenienti dalle Regioni, oggi in serie difficoltà, governate dal centrodestra dove, scientemente, si è operato per agevolare gli interessi della sanità privata in favore di coloro che, per reddito e condizione, ne possono affrontare i costi e, al contempo, si è lasciato deperire e declassato il servizio sanitario nazionale pubblico e universale. Il tutto in nome di una presunta razionalizzazione ed efficientamento del sistema, considerato alla stregua di un’azienda. Piuttosto che assegnare priorità alla qualità e all’efficacia del servizio si sono, da parte di troppi Governi, nazionali e regionali, considerati esclusivamente i problemi dei costi e della sostenibilità finanziaria. Con il fine di conquistare alla logica del profitto privato quote crescenti e consistenti del sistema. E si è giunti persino a consentire che si diffondesse e affermasse, tra i cittadini, un giudizio negativo sul sistema sanitario che, malgrado forti squilibri territoriali e sacche di inefficienza, è tra i migliori al mondo.

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Lettieri: La “Grande Divergenza” e i tormenti dell’euro

Antonio Lettieri (da Eguaglianza & Libertà).
Un decennio dopo la crisi il divario fra le economie di Stati Uniti e Eurozona è una condanna senza appello per le politiche che hanno fatto un feticcio del controllo dei conti pubblici a scapito della crescita e dell’occupazione. Se davvero l’Unione e l’euro si vogliono salvare quelle politiche vanno rottamate.

Mentre si avvia alla conclusione il secondo decennio del secolo è possibile tracciare un primo bilancio dopo la crisi globale che segnò l’autunno del 2008 in America. Da un lato, trova una conclusione la sfida commerciale fra stati Uniti e Cina con un compromesso. Una soluzione importante ma, probabilmente, provvisoria trattandosi di un contrasto per l’egemonia a livello globale destinato a durare e intensificarsi nei prossimi anni. Dall’altro, l’accentuarsi del divario fra le due maggiori economie capitalistiche: l’Eurozona e gli Stati Uniti. Vale la pena di soffermarsi su questo secondo aspetto che caratterizza i rapporti all’interno del mondo occidentale.
Da questo punto di vista, il decennio lascia in eredità un quadro di radicale divisione. Gli Stati Uniti si avviano a chiuderlo col più basso tasso di disoccupazione degli ultimi cinquanta anni, sia pure in un contesto di persistenti grandi diseguaglianze sociali. Al contrario, l’Eurozona chiude il decennio in un quadro di stanziale stagnazione quando non recessione.

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Penna: La sconfitta di Salvini e il ruolo delle ‘Sardine’

Renzo Penna: Per la sconfitta di Salvini un doveroso grazie alle “Sardine” – 27 gennaio 2020. “Mai il voto in una Regione aveva assunto l’importanza e il peso politico di quello di domenica in Emilia e Romagna. Con tutte le regioni del Nord governate dalla destra e con la Lega primo partito, il governo nazionale di PD, M5S e LeU non avrebbe potuto reggere ad un successo di Salvini nella regione “rossa” per antonomasia e, da sempre, riconosciuta sinonimo anche di buona amministrazione. La sconfitta di Salvini, che ha trasformato un voto amministrativo in un referendum di valenza nazionale sulla sua persona, rappresenta per il governo e le forze del centro sinistra uno scampato pericolo. Una ottima notizia anche per la tenuta democratica del Paese che capita, emblematicamente, in una data simbolo: il 27 gennaio, “la Giornata della Memoria” che, 75 anni dopo, ricorda l’abbattimento dei cancelli del campo di stermino nazista di Auschwitz, la Shoah, le leggi razziali e le persecuzioni nazi-fasciste. Una ricorrenza, come abbiamo visto da tanti pericolosi episodi, ultimo quello di Mondovì, non ancora patrimonio da tutti condiviso.

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