E’ mancato nei giorni scorsi il compagno Felice Besostri. Avvocato, giurista, docente universitario e senatore (dal 1996 al 2001). Riportiamo, di seguito, il ricordo di Andrea Fabozzi, direttore del “manifesto”.
«Socialista austro-marxista. Dovrebbero presentarmi così nella candidatura, ragione per cui non mi candiderà più nessuno. In ogni caso stai tranquillo, saresti il primo a saperlo». Mi rispose così Felice Besostri quando diversi anni fa gli chiesi se fosse vero che gli avevano offerto un posto in lista non ricordo più in quale occasione. In effetti non lo candidò nessuno, il suo unico seggio è rimasto quello del senato nella XIII legislatura – in passato era stato anche sindaco di un comune in provincia di Lodi.
Ma nessuno poteva tenerlo lontano dalla passione politica e a conti fatti è riuscito ad avere un impatto sulla vita delle istituzioni assai più di tanti parlamentari e anche leader politici, restando attivo fino alla fine. Fino alla morte che lo ha colto a Milano nella notte tra venerdì e sabato, aveva 79 anni.
Besostri è stato tante cose, si è impegnato in mille battaglie consumando con grande generosità la sua salute e le sue sostanze. È stato innanzitutto un socialista e sono pronto a scommettere che sarebbe assai più dispiaciuto di non poter celebrare degnamente, nella prossima primavera, il centenario dell’omicidio di Giacomo Matteotti (anniversario per il quale aveva naturalmente già dei programmi) che il suo ottantesimo compleanno. Soprattutto è conosciuto per aver abbattuto – non da solo, ma da protagonista e instancabile animatore – la legge elettorale Porcellum. Con la quale sono state formate tre legislature, prima che nel 2013 la Corte costituzionale ne sancisse l’illegittimità.
Insieme per la Carta, ma non dimenticate la legge elettorale
Grazie al ricorso che Felice aveva testardamente portato avanti (insieme all’avvocato Bozzi): ci vollero cinque tentativi e sei anni di rimpalli tra diverse Corti e Tribunali. Alla fine si riuscì ad affermare il principio che le leggi elettorali possono essere portate davanti ai giudici delle leggi per iniziativa dei cittadini, principio forse persino più importante della pronuncia di incostituzionalità. Tant’è che aprì la strada a un’altra campagna contro una legge elettorale, quattro anni dopo.
Besostri infatti poteva vantarsi di aver abbattuto ben due sistemi di voto, non solo quello di Calderoli ma anche quello di Renzi, l’Italicum, sempre con la tecnica del ricorso nei tribunali ordinari a difesa della libertà e uguaglianza del voto dei cittadini. Una volta gli dissi che era lui il vero avvocato del popolo, non certo Conte, visto che era riuscito ad affermare davanti alla Corte costituzionale i diritti degli elettori, lui mi rispose con un aforisma: «Proprio perché sto dalla parte del popolo non gli posso perdonare tutto quello che fa».
In parlamento, nella commissione affari costituzionali del senato, si era battuto per i diritti delle minoranze linguistiche, ma questo non gli impediva di denunciare il trattamento di favore che alcune minoranze si videro riconosciute (per agguantare il voto decisivo dei rappresentanti in parlamento) in due o tre leggi elettorali. Anche l’attuale legge, il Rosatellum, a suo giudizio per questa e altre ragioni è incostituzionale e il suo grande cruccio era di non essere riuscito a sollevare un’ondata di ricorsi uguale a quella che era riuscita a colpire le leggi precedenti.
Non si può fare affidamento sul Rosatellum
Lamentava la scarsa attenzione anche da parte dei partiti di opposizione: «O riusciamo a portare avanti i ricorsi o i partiti di loro iniziativa non si muoveranno mai per cambiare la legge, conviene a troppi». Soprattutto conviene a chi può compilare le liste bloccate. Per questo Felice spandeva e spendeva, non solo nel preparare sempre nuovi ricorsi pro bono ma anche pagando di suo per presentarli. In qualche occasione da soccombente è stato anche condannato a pagare le spese, cosa che ha dovuto fare di persona, credo sia stato in occasione del ricorso contro la legge elettorale italiana per le europee che continua a prevedere un’irragionevole soglia di sbarramento.
Felice era un compagno e amico del manifesto che considerava il suo giornale, è venuto in più occasioni a trovarci per rinnovare l’abbonamento, le volte in cui ha scritto per noi sono infinitamente meno di quelle in cui avrebbe voluto farlo, ansioso com’era di intervenire su quasi tutto, dalle guerre alla situazione politica negli altri paesi europei (soprattutto in Germania) dei quali conosceva a perfezione i sistemi elettorali.
È stato sempre una fonte di ottimi suggerimenti, si trattasse di una sentenza della Corte costituzionale o di una trattoria anarchica la cui storia valeva la pena raccontare. Insostituibile, Felice Besostri ci mancherà molto. Lo abbiamo sentito ancora mercoledì, quando i medici avevano già deciso di interrompere le cure per la malattia e lui con pochissima voce continuava a darci appuntamento per una prossima battaglia da ingaggiare.
Militante fino alla fine, ha conservato fino in fondo la sua ironia tanto da aver scelto per tempo il servizio funebre preferendo una ditta che porta il cognome di un leader socialista e ha la sede in una strada di Milano dedicata a un antifascista. Lascia la moglie Anne Marie, le figlie Beatrice e Nathalie, i nipoti Mario, Pietro, Sofia, Laurent e Federica, la sorella Renata e il fratello Carlo Alberto, A tutte e tutti loro il manifesto è vicino
…
Andrea Fabozzi