Ed. Laterza – anno 2007
Circa 8 milioni: sono gli italiani che hanno un lavoro instabile. Tra 5 e 6 milioni sono precari per legge, ossia lavorano con uno dei tanti contratti atipici che l’immaginazione del legislatore ha concepito negli ultimi quindici anni. Gli altri sono i precari al di fuori della legge, i lavoratori del sommerso.
Come si è arrivati a queste cifre, perchè le imprese chiedono la flessibilità del lavoro in misura sempre crescente, quali sono i costi umani che stiamo pagando e quali sarebbero i costi economici che il paese dovrebbe affrontare se si volesse davvero coniugare l’instabilità dell’occupazione con la sicurezza del reddito, cosa ha a che fare tutto questo con la globalizzazione, quali caratteristiche dovrebbe avere una politica del “lavoro globale” per essere davvero all’altezza delle reali dimensioni del problema.
In queste pagine l’accusa di Gallino: non solo non è giusto che il precariato sia merce di scambio dell’economia globalizzata, ma nemmeno intelligente per una società che voglia congiungere allo sviluppo economico lo sviluppo umano.
Luciano Gallino è professore emerito di Sociologia all’Università di Torino. Ha pubblicato, tra l’altro, Se tre milioni vi sembran pochi (Torino, 1998), L’impresa responsabile. Un’intervista su Adriano Olivetti (Torino, 2001), La scomparsa dell’Italia industriale (Torino 2003), Dizionario di Sociologia (Torino 2004), L’impresa irresponsabile (Torino, 2005) e Tecnologia e democrazia (Torino 2007).
Per i nostri tipi, Disuguaglianze ed equità in Europa (1993), Il costo umano della flessibilità (2005), Globalizzazione e disuguaglainze (2007) e Italia in frantumi(n.e., 2007).