di Renzo Penna
1 dicembre 2009
Giovedì della scorsa settimana il Parlamento ha approvato l’ennesimo Decreto del Governo che, insieme ad altre svariate norme, contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali, compresa la privatizzazione dell’acqua. Con la legge che privatizza l’acqua si avalla la mercificazione di un patrimonio prezioso, di un bene comune il cui utilizzo dovrebbe rispondere a precisi criteri di utilità pubblica. La fallimentare esperienza delle politiche liberiste, che sono tra le cause prime dell’attuale crisi globale, non sembra aver insegnato nulla ai governanti italiani. Così come, per quanto attiene l’acqua, non si è voluto tenere in conto le esperienze negative degli altri paesi, da ultimo testimoniate, in Francia, dal caso di Parigi che ha deciso di abbandonare la privatizzazione per tornare ad amministrare pubblicamente questa fondamentale risorsa. Mentre in Italia le parziali privatizzazioni portate avanti in alcune realtà hanno sempre comportato un aumento dei costi di gestione e delle tariffe e benefici nulli per quanto riguarda la riduzione degli sprechi e le perdite degli acquedotti. Per non parlare dell’uso gravemente inefficiente delle risorse idriche in agricoltura dove vige, dal lontano 1933, una completa privatizzazione gestita dai Consorzi.
La privatizzazione, inoltre, penalizza tutte quelle gestioni pubbliche virtuose che, in Piemonte e in molte zone del Paese, stanno amministrando con un buon grado di efficienza ed economicità un bene comune che oggi il governo ha deciso di regalare alle multinazionali straniere del settore. Ricordo che nella nostra regione il costo per i cittadini dell’acqua potabile è, per mille litri, di poco superiore ad un euro e il prezzo al litro risulta, nei confronti dell’acqua minerale in bottiglia, inferiore di quattrocento-seicento volte, a seconda dei diverse marche commerciali.
Ma se l’acqua rappresenta la principale fonte di vita insostituibile per tutti gli ecosistemi, dalla cui disponibilità dipende la ricchezza ed il benessere delle popolazioni e ad oggi più di 1,4 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all’acqua potabile, è purtroppo anche vero che la comunità internazionale continua a rifiutare il riconoscimento dell’accesso all’acqua come un “diritto umano” cioè un diritto universale. Specie dopo la Conferenza Internazionale sull’acqua di Dublino (1992) essa preferisce trattare l’accesso all’acqua come un bisogno essenziale e l’acqua come un bene economico mercificabile. Ciò spiega perché la Dichiarazione ministeriale di Kyoto, approvata al 3° Foro Mondiale dell’Acqua, ha sancito che l’accesso all’acqua è un bisogno e non un diritto.
In l’Italia, poi, il sostegno al processo di privatizzazione che favorisce le politiche orientate al mercato, alla privatizzazione della gestione dei servizi idrici ed alla mercificazione dell’acqua non è solo imputabile alle posizioni della destra.
Su quest’ultimo aspetto un lettore de l’Unità ha recentemente ricordato la lettera aperta che Alex Zanotelli inviò a Walter Veltroni nel marzo 2008, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua. In quella missiva il missionario comboniano, ricordando che Veltroni in visita alla spaventosa baraccopoli di Nairobi in Kenia si era commosso per le condizioni disumane nelle quali vivevano tanti africani e aveva promesso di portare quel grido di sofferenza nell’area della politica, lo rimprovera di essersene dimenticato. E prosegue:“Non chiedo carità, chiedo giustizia, quella distributiva che è il campo specifico della politica. E non parlo solo della fame del mondo, ma soprattutto della sete del mondo quando ti chiedo perché anche tu, nel tuo programma elettorale, hai appoggiato la privatizzazione dell’acqua. Lo sai che questo significa la morte di milione di persone per sete? Con questa logica di privatizzazione, se oggi abbiamo cinquanta milioni di morti per fame, domani avremo cento milioni di morti di sete. Sono scelte politiche che si pagano con milioni di morti. Caro Walter – conclude Zanotelli – perché non puoi proclamare che l’acqua non è una merce, ma un diritto fondamentale umano che deve essere gestita dalle comunità locali con totale capitale pubblico, al minimo costo possibile per l’utenza, senza essere una Spa?”.
Contraddizione e pensiero debole, quello sulla privatizzazione dell’acqua, non solo di Veltroni, ma della principale formazione politica del centro sinistra, il Partito Democratico, che aveva già segnato una delle tante divisioni presenti nella compagine del secondo Governo Prodi e tuttora rappresenta, per una parte significativa dell’elettorato progressista, un elemento di critica e incomprensione sull’identità e la strategia della sinistra.
Un indirizzo che il Consiglio Provinciale di Alessandria ha seguito quando, il 20 dicembre 2004, ha approvato, con il voto favorevole della maggioranza e l’astensione dell’opposizione, l’Ordine del giorno sul “Riconoscimento dell’Acqua come Bene Comune e Patrimonio dell’Umanità” e l’accesso all’acqua potabile come “Diritto fondamentale Universale, degno di protezione giuridica”.
Quella approvazione è stata, credo, una delle decisioni politicamente più impegnative assunte nei cinque anni del primo mandato della presidenza Filippi, ma, certo, con una conoscenza e una considerazione sulle conseguenze insufficiente e non adeguata da parte, sia della Giunta, che del Consiglio. Ricordo bene l’imbarazzo e i lunghi silenzi dei consiglieri dopo la relazione di presentazione del provvedimento e la difficoltà ad intervenire, in questo caso comune tra maggioranza ed opposizione. Per me comunque ha segnato, nel campo della risorsa acqua, la strada da seguire nelle responsabilità di Assessore e di Presidente dell’Autorità delle acque dell’alessandrino.
Riporto di seguito gli obiettivi che con quella decisione Presidente e Giunta provinciale si sono impegnati a sostenere e a realizzare nell’arco dei prossimi cinque-dieci anni:
A) In prospettiva locale impegna l’Amministrazione
– a riconoscere nel proprio Statuto il Diritto all’acqua;
– a impegnarsi a utilizzare, proteggere, conoscere e promuovere l’acqua come bene comune, nel rispetto dei principi fondamentali della sostenibilità integrale (ambientale, economica, politica ed istituzionale);
– a mantenere sotto il controllo pubblico il ciclo integrato dell’acqua compresi il capitale ed i servizi ad essa collegati (infrastrutture e insieme dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, fognature e depurazione);
– a garantire la sicurezza dell’accesso all’acqua, nelle quantità e qualità necessarie alla vita, a tutti i membri della comunità locale in solidarietà con le altre comunità e con le generazioni future: la quantità minima indispensabile alla vita quotidiana è stimata intorno ai 40 litri di acqua al giorno per persona. Tale quantità dovrà essere garantita come diritto e di conseguenza il costo essere commisurato alla necessità di mettere tutti i cittadini in condizione di poter fruire di tale diritto;
– a garantire pari accesso alla risorsa in termini di qualità e di quantità a tutti i cittadini applicando un sistema tariffario giusto e solidale, fondato sul principio di sostenibilità, sulla lotta all’abuso, su tariffe differenziate e proporzionali ai livelli di consumo;
– a contribuire alla riduzione sul territorio, e per quanto di propria competenza, dei prelievi eccessivi e sconsiderati sia in campo agricolo e zootecnico, sia industriale;
– a promuovere le forme più innovative di partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche dell’acqua a livello locale ed in particolare a sostenere la costituzione degli ATO dei Consigli dei Cittadini, cioè strumenti di democrazia rappresentativa, partecipata e diretta designati da organizzazioni rappresentative della società civile;
– a promuovere il ritorno dell’acqua nei luoghi pubblici, (re)introducendo “punti acqua” di ristoro, informazione e cultura nei luoghi di incontro sociale (piazze, stazioni, giardini, aeroporti, stadi…) alfine di contrastare il consumo di acqua in bottiglia, così deleterio per l’ambiente e di incentivare una nuova cultura dell’acqua;
– promuovere nell’ambito di una campagna di informazione – sensibilizzazione della Provincia sul Risparmio Idrico la divulgazione dei contenuti relativi al presente ordine del giorno.
B) In una prospettiva internazionale e mondiale:
– a destinare, per ogni metro d’acqua fatturato, una piccola percentuale, un centesimo di euro, al finanziamento di progetti di cooperazione internazionale che perseguono modelli sostenibili di gestione dell’acqua nei paesi sofferenti di penuria di acqua potabile (in attuazione dei principi esposti in Agenda 21);
– a stimolare ed incentivare lo studio di soluzioni innovative per la realizzazione del diritto all’accesso dell’acqua per tutti entro il 2020.