Fondazione Di Vittorio: “A rischio povertà anche chi lavora”
Nel quarto trimestre 2017, le ore lavorate (dati conti economici ISTAT) sono ancora inferiori del 5,8% rispetto al primo trimestre del 2008 e le unità di lavoro sono il 4,7% in meno sempre relativamente allo stesso periodo. Si tratta di -667 milioni di ore lavorate e di quasi 1,2 milioni di Unità di Lavoro in meno rispetto al primo trimestre 2008.
Questo, nonostante l’occupazione attuale si sia molto avvicinata a quella del 2008 e che anche la CIG sia tornata sui livelli di tale anno (scontando, va ricordato, le norme legislative più restrittive adottate). Nell’Unione europea a 15, lo scarto fra occupati e ore lavorate è particolarmente consistente per l’Italia. Questo andamento è legato al peggioramento della qualità dell’occupazione italiana. Fra il 2013 e il 2017 (microdati forze lavoro, ISTAT) aumentano fortemente i part-time involontari e, soprattutto negli ultimi due anni, le assunzioni a tempo determinato, portando l’area del disagio (attività lavorativa di carattere temporaneo oppure a part time involontario) a superare il record di 4 milioni e 571 mila persone, la più alta dall’inizio delle nostre rilevazioni. Non solo, un’analisi più approfondita delle assunzioni a tempo determinato (INPS, Osservatorio Precariato), dimostra un peggioramento di questa condizione di lavoro già precaria: aumenta anche fra questi lavoratori il part time (+55% fra il 2015 e il 2017). Continua a crescere il numero di dipendenti con contratti di durata fino a 6 mesi, che sono passati da meno di 1 milione nel 2013 a più di 1,4 milioni nel 2017 (dati EUROSTAT, primi tre trimestri di ciascun anno). E’ evidente, quindi, che il numero totale degli occupati, pur importante, rappresenta un’immagine molto parziale della condizione del lavoro in Italia. La qualità di questa occupazione è in progressivo e consistente peggioramento, e questo spiega l’insoddisfazione sia sulle condizioni attuali che rispetto al futuro, non solo di chi è disoccupato, ma anche di chi ha un lavoro. E’ evidente dai dati, che la quantità e qualità della ripresa, non è in grado di generare quantità e qualità dell’occupazione adeguata, con una maggioranza di imprese che scommette prevalentemente su un futuro a breve e su competizione di costo; così come, le attuali norme legislative che regolano il MdL incidono in modo negativo sulla qualità del lavoro. Sono dati di cui occorre tener conto e sui quali è necessario intervenire.
In allegato, lo studio della Fondazione Di Vittorio sull’andamento dell’occupazione negli ultimi 10 anni intitolato “Lavoro: qualità e quantità” (a cura di Lorenzo Birindelli e Giuliano Ferrucci).
Leggi il rapporto > Qualità del lavoro_Rapporto_2018