al Convegno: “L’Europa della solidarietà contro la crisi” – Roma 4 aprile 2014
Care/i compagne/i, Abbiamo avuto in questi anni molte occasioni d’incontro, tutte in varia misura sollecitate, alcune volte da scadenze elettorali, altre dai tentativi di eliminare quella anomalia di in paese occidentale – il nostro – che si ritrova, nella sostanza, senza un vero Partito Socialista. Un’anomalia e una limitazione politica grave, in particolare, dopo l’esito delle elezioni amministrative francesi che hanno sancito la sconfitta del Partito socialista – con l’importante, ma sola eccezione del comune di Parigi – la vittoria della destra gollista e l’avanzata delle posizioni anti-europeiste, accompagnate dal ritorno alle identità nazionali. Risultati che, nei fatti, hanno aperto la campagna elettorale per il Parlamento di Strasburgo con la messa in discussione, da parte delle destre nazionaliste, dei principi cardini del progetto europeo: la rappresentazione dei “valori universali” orgogliosamente sanciti nel Trattato di Lisbona.
Una messa in discussione resa più facile dall’incompiuta integrazione politica dell’Unione, dallo squilibrio di potere fra gli stati membri, dal prevalere nelle decisioni che contano degli esperti finanziari che governano le banche e pretendono di decidere le politiche sociali. Il tutto aggravato dalla concomitanza della crisi economica e dalla mancanza di lavoro, soprattutto, per le giovani generazioni. Un elemento particolarmente acuto nei paesi della zona sud dell’Europa e che sta minando alla base, tra i ceti popolari e la classe media, la credibilità stessa nell’integrazione europea. Tutte considerazioni che avrebbero bisogno di una sinistra forte, autorevole e in grado di contrastare la retorica anti-europeista e combattere i populismi non affidandosi solo a mettere in evidenza la convenienza della moneta unica, ma incalzando i partiti socialisti, ad iniziare dalla Spd, nel criticare con maggiore coraggio questo modello di Unione e nel riprendere la concreta attuazione politica del progetto europeo, i suoi valori fondanti, per riuscire a governare la globalizzazione economica, rimettere al centro il lavoro e i diritti e difendere la democrazia.
Come associazioni di tradizione e cultura socialista abbiamo avuto le occasioni per apprezzare, o condividere, o approvare, anche recentemente, documenti e manifesti molto importanti. Non ci sembra affatto che si sia spenta la domanda di socialismo in questo paese, anzi, proprio la crisi economica e sociale in atto sollecita una riproposizione delle critiche alle politiche neoliberiste e un recupero aggiornato della riflessioni che avevano portato, a suo tempo, alla elaborazione di una proposta di una politica di riforme di struttura, dove il parametro di riferimento di queste modificazioni “strutturali” era rappresentato dallo spostamento dell’indirizzo politico a favore dei valori cardini dell’eguaglianza e della libertà. Dalla eliminazione delle rendite parassitarie in campo energetico con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, alla prima riforma della scuola dell’obbligo, allo statuto dei lavoratori, al divorzio, ecc.; dopo di che questo paese ha vissuto, sostanzialmente, nell’immobilismo e nella conservazione.
Cari compagni, ci sembra corretto e necessario constatare a consuntivo di questi ultimi anni di impegno, che il senso di quelle riforme, con riferimento al quadro politico attuale, sono ancora in attesa di un aggiornamento progressista, di un riferimento politico credibile e che tutti questi nostri sforzi non hanno prodotto un risultato di un qualche rilievo in questa direzione.
Ci sembra necessario, a questo punto e anche in questa occasione, esprimere la necessità di una riflessione in qualche misura autocritica, dal momento che non possiamo attribuire il risultato del tutto insufficiente di questa ormai lunga fase di ricerca, semplicemente ai limiti e alle responsabilità degli altri soggetti politici. Sarebbe non solo poco convincente, ma anche poco produttivo.
Intendiamo, naturalmente, una riflessione critica, non certo un abbandono delle nostre convinzioni politiche, dei nostri principi di eguaglianza e libertà, della storia di un movimento, quello socialista, che rappresenta il percorso positivo della società moderna.
Non è questa l’occasione per esaminare tale nostro percorso se non per evidenziare come ben altra potrebbe essere la situazione del nostro paese e la stessa presenza di una Unione Europea, oggi del tutto insufficiente, se non avesse prevalso quella ipotesi culturalmente e politicamente insensata di realizzare un partito senza storia e senza memoria e, come tale, permeabile alle mode liberiste. In altre parole la necessità di una autocritica non può certo sorvolare o eliminare l’analisi critica delle posizioni che sono prevalse nell’area politica della sinistra o, meglio, del Partito Democratico. Anche per queste ragioni ci sembra che, alle prossime elezioni europee, non si possa limitare la nostra indicazione a favore della sola candidature di Martin Schulz per la Presidenza della Commissione. Pur considerando l’importanza dell’evitare la dispersione dei voti, tuttavia non possiamo dimenticare che esistono anche presenze socialiste in altre liste elettorali e non ci sembra ne corretto ne utile che siano, da parte nostra, trascurate. Soprattutto perché il successo della candidatura di Schulz richiederà, comunque, la convergenza di diverse forze politiche. In questo senso ci sembrerebbe opportuno apportare una qualche modifica al testo dell’appello.
Sul piano generale del documento dobbiamo segnalare, inoltre, come venga richiamata la gravità della situazione italiana come se fosse una componete, seppur specifica, della crisi internazionale. Questa rappresentazione copre, a nostro giudizio, responsabilità di più lungo periodo che poco o nulla hanno a che fare con l’attuale crisi internazionale; responsabilità che non riteniamo ne corretto, ne utile condividere. Anche in questo caso qualche ulteriore specificazione potrebbe essere apportata senza cambiare la natura e la struttura del documento che ci sentiamo, nel suo complesso, di condividere.
Cari compagni, queste osservazioni nascono perché avvertiamo l’esigenza di superare quelle condizioni che sembrano portarci al traino, magari anche critico, della cronaca politica, Ma una cronaca che, necessariamente, è dettata o dal centro destra o, al meglio, dal centro sinistra.
Per questo risultato non è affatto necessario il nostro contributo, non perché siamo indifferenti a quel confronto ma perchè senza un contributo e senza una elaborazione di stampo socialista, dai limiti di quel confronto sarà difficile uscire. E sarà anche difficile immaginare una qualità del nostro sviluppo e dello sviluppo dell’Europa adeguato alla realtà attuale.
Questa assenza sta diventando grave perché si è nel frattempo diffusa l’interpretazione – adottata a sinistra dopo l’improvviso crollo del muro – per la quale se il comunismo era morto, la socialdemocrazia stava molto male e non rimaneva, quindi, che la terza via: cioè un liberismo moderato, una presenza politica di democrazia lontana dai conflitti sociali. Una soluzione che rappresentava l’interpretazione aggiornata del compromesso storico con, finalmente, l’incontro, all’ombra del potere, con la ex DC. Una interpretazione che non prevede la presenza della storia e della cultura socialista, che come tali, rappresentano una scomoda testimonianza tendenzialmente da eliminare. Anche per contrastare questi “silenzi” abbiamo in questi mesi dedicato il nostro impegno nella redazione di un libro dedicato a Fausto Vigevani – in occasione del decennale della scomparsa – e nella pubblicazioni di un saggio sulla prima fase politica di Riccardo Lombardi. Cogliendo l’occasione dei 30 anni dalla sua scomparsa.
A noi sembra che la riproposizione aggiornata di questi indirizzi politico-programmatici debba essere considerata indispensabile per la rifondazione di una cultura e di una struttura politica socialista. L’altro contributo, ancora più impegnativo, dovrebbe essere quello di recuperare le capacita di analisi e di proposizione politica di interventi di riforma in un contesto arretrato come il nostro, ma anche nel quadro di una Unione Europea sui cui forti limiti ci siamo già soffermati. Nelle prossime elezione europee il nostro intervento, come Associazioni socialiste, sarà finalizzato al sostegno dei compagni presenti nelle diverse liste, perché non esistono certo le condizioni per la presenza di una lista unitaria. Tuttavia la riconosciuta inadeguatezza dell’attuale Unione potrà avere correzioni in positivo anche in relazione alle capacitò di elaborazione da parte nostra.
A maggior ragione questa indicazione vale per i limiti interni che segnano il ritardo specifico del nostro paese. La caduta del nostro sviluppo, la dimensione drammatica dei livelli occupazionali, una questione meridionale che da sola rappresentare un’emergenza, ma che invece tende a riprodursi e a investire il nord, la perdita di competitività, il livello civile della nostra convivenza sociale, l’allargamento del degrado etico, sono tutti aspetti e realtà che si compenetrano e si intrecciano in una dimensione di declino, che, ad oggi, non ha trovato un argine, una convincente soluzione. Quello che è in discussione non è solo il superamento della crisi internazionale, comunque al di fuori dei nostri poteri, ma la capacità di collocare lungo questa linea una nuova domanda di qualità dello sviluppo, anche per il nostro paese.
Cari compagni, abbiamo la presunzione di non vedere alternative, per uscire dal declino, ad una riscoperta della storia socialista e ad una elaborazione che a quella storia si possa rifare. Questo attualmente non richiede una organizzazione partitica che, se mai, viene dopo, ma una apertura molto più ampia, capace di utilizzare le nuove forme della comunicazione; anche se non in alternativa a quelle tradizionali, a quelle che implicano uno scambio più intenso e diretto con le persone. Anche le recenti polemiche sui costi della politica si giustificano con una concezione e un esercizio negativo della politica, non con un impegno sociale volto a tradurre la partecipazione reale nella gestione della nostra società. Per fare solo qualche esempio, la prossima riforma della scuola dell’obbligo dovrebbe avere questo riferimento, cosi come la politica industriale – da anni totalmente assente dalle decisioni dei governi – dovrebbe portarci ad una qualità dello sviluppo molto diverso da quello attuale, non solo in termini di occupazione, ma di qualità del lavoro e dei diritti del lavoro. E la politica, recuperando il suo compito, dovrà occuparsi anche di una finanza minacciosamente fuori controllo, l’ambiente dovrà essere non più una preoccupazione, ma un bene comune, la storia una costante scoperta della nostra curiosità, la conoscenza il terreno di confronto pacifico.
Dunque, cari compagni, l’occasione dell’elezioni europee deve tradursi in una presenza ai livelli istituzionali tali da invertire la rotta neoliberista che sino ad ora ha prevalso nella guida dell’Unione, ma ci sembra che possa e debba anche essere una occasione per trovare una terreno più ampio per una presenza nel nostro paese di una politica riformatrice socialista.
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Roma, 4 aprile 2014