di Sergio Negri
1° giugno 1906, cronaca di una storica giornata. (liberamente tratto dal giornale la Risaia di domenica 8 giugno 1906)
La giornata è pulita.
Un sole accecante inonda la città e la campagna circostante. Le risaie rilasciano piccoli nembi di acqua vaporizzata che si smarriscono sfavillando nell’atmosfera.
Fin dalle prime luci dell’alba un folto gruppo di mondariso si è radunato spontaneamente nella piazza principale della città.
Qualche ora dopo, più di novemila persone, in maggioranza donne, giovani e belle, raccolte nelle loro semplici vesti, offerte con decoro all’ispezione dei passanti, e sprofondate nei loro copricapo di paglia, invadono le vie della città, intonano l’inno dei lavoratori e la canzone delle 8 ore e invitano la popolazione a manifestare con loro.
La città risponde con sollecitudine al loro appello. I negozi chiudono i battenti, gli operai delle fabbriche metallurgiche, in sciopero da parecchie settimane, si uniscono alle mondariso e i bambini si raccolgono davanti al corteo e lo accompagnano per tutto il tragitto con allegre danze propiziatorie.
Dopo aver percorso le vie principali della città la fiumana di persone si raccoglie in Piazza Cavour per ascoltare i comizi dei rappresentanti della Camera del Lavoro e della Lega dei contadini.
Non è un giorno di festa eppure i volti delle donne, già combusti dal sole, svelano un’espressione allegra, quasi giocosa.
<, racconta un premuroso cronista testimone degli avvenimenti.
< – in rappresentanza della Lega dei contadini – il quale a grandi tratti fa la storia delle presenti agitazioni. Dice le ragioni che militano a favore delle richieste delle mondariso, descrivendo efficacemente quale triste lavoro sia quello della risaia. Protesta contro l’inazione dell’autorità municipale e termina inneggiando alla solidarietà dei lavoratori. Il discorso, spesso interrotto da approvazioni, viene coronato da uno scrosciante applauso>>.
A questo primo intervento segue quello del rappresentante della locale Camera del Lavoro, Lorenzo Somaglino: <Descrive il loro stato d’animo, quando scoprono dell’ingiusto rifiuto degli agricoltori fatto alle richieste delle mondariso di Vercelli fra le quali figurano molte donne degli scioperanti. Invita l’autorità a voler frettolosamente provvedere, perché la fame è cattiva consigliera. E termina raccomandando la calma che è virtù dei forti. Una lunga ovazione accoglie la chiusa del discorso dell’oratore il quale invita poscia i presenti a nominarsi una commissione che si rechi dal sindaco ad esporre le richieste degli scioperanti>>.
Appena composta la commissione le manifestanti si riversano in piazza Dei Cereali, davanti al palazzo municipale verso il quale dirigono a lungo l’invocazione “Vogliamo le otto ore”.
Il mattino trascorre senza altre novità degne di annotazione.
Il pomeriggio i dimostranti si radunano nel cortile di S. Andrea dove “pare sia convenuta tutta la città di Vercelli”.
Il tipografo Lorenzo Somaglino e l’avvocato Modesto Cugnolio, prima di recarsi ancora in municipio per proseguire l’incontro del mattino con i rappresentanti degli agrari, intervengono per invitare i dimostranti a pazientare ancora per qualche tempo.
< – racconta ancora il cronista – intrattiene per più di un’ora gli scioperanti con una conferenza incitante i presenti a volersi organizzare. Poi, a gruppi di quattrocento si recano cantando in municipio ad aspettare>.
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Alle 17, da una finestra del Palazzo Municipale, si affacciano due mondariso che con gesti espressivi fanno comprendere ai manifestanti che è stato raggiunto con gli agrari l’accordo per le otto ore di lavoro e 25 centesimi di aumento.
< – riferisce ancora l’attento testimone – scoppia in un interminabile applauso. Gli scioperanti sono esultanti di gioia per la vittoria raggiunta>>. Una gioia inarrestabile che si accresce quando dal balcone si affacciano i sindacalisti Somaglino e Cugnolio e comunicano che il sottoprefetto si è impegnato a risolvere anche la lunga controversia dei metallurgici.
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<– termina il redattore – che questa vittoria operaia sia di ammaestramento a quei padroni medioevali che sdegnano di trattare coi loro operai e ai lavoratori ancora una volta insegni che solo coll’unione esiste la forza>>.