Mauro Beschi – “Caro Sergio, quante volte, soprattutto quando sopravveniva un qualche acciacco, ci siamo chiesti chi dei due avrebbe salutato l’altro. Era una discussione leggera che certamente conteneva una sorta di esorcizzazione di un evento tanto complicato e, poi, davamo per scontato che sarebbe arrivato più in là, molto più in là.
Il destino ha voluto che fossi io a salutarti e, ti prego di credermi, questo saluto è emotivamente il più impegnativo e faticoso che io ricordi. Ho incontrato Sergio nel 1977, in una riunione nella quale si doveva decidere sulla sua candidatura a Segretario Generale della Filtea lombarda.
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Di Francesco Ciafaloni – 6 Agosto 2019, pubblicato dall’Associazione “dalla parte del torto”.
“Mi è capitato di recente di leggere o rileggere alcuni testi sulla riduzione e la redistribuzione dell’orario di lavoro scritti più o meno un quarto di secolo fa, quando si discuteva di 35 ore, di autori che mi sono familiari, come Giovanni Mazzetti1 o Giorgio Lunghini.2 Mi sono reso conto che alcune delle tesi sostenute dagli autori, che avevo ben presenti venti anni fa, erano come sparite dal mio orizzonte mentale negli ultimi tempi. Avevo smesso di fatto di usarle per cercare di capire quello che succede tutti i giorni. Mi sono accorto di essermi come addormentato, intontito dalla eterna ripetizione delle tesi correnti: l’eccesso di spesa pubblica, la necessità di puntare sull’innovazione tecnica, sull’industria 4.0, la possibilità che si crei, all’interno del sistema produttivo, occupazione sostitutiva di quella distrutta dall’automazione, l’ossessione e la necessità della crescita del Pil. Venti anni fa erano vivi De Cecco, Graziani, Gallino, non c’era la resa culturale che ci sommerge ora.
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A luglio sono scaduti i contratti di un milione e mezzo di lavoratori. Nei rinnovi bisognerebbe tener conto della funzione macroeconomica dei salari che, se da una parte sono un costo per la singola impresa, dall’altra alimentano la crescita attraverso i consumi, generando domanda per l’insieme delle imprese. L’esame di alcuni settori mostra che i guadagni di produttività non si sono divisi equamente tra profitti e retribuzioni, con svantaggio di queste ultime a volte notevole
Di Leonello Tronti da “Eguaglianza & Libertà”
“Secondo l’Istat (Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali), i contratti nazionali di lavoro che vengono a scadenza nel mese di luglio 2019 sono pari all’8,7% del monte delle retribuzioni di primo livello del settore privato. Più precisamente, i contratti da rinnovare riguardano il 6,6% del monte retributivo dell’industria e il 10,9% di quello dei servizi privati: nell’insieme quasi un milione e mezzo di lavoratori. A fronte delle difficoltà economiche in cui versa il Paese, bloccato com’è da ormai un anno su di uno scomodo crinale che su un versante porta alla recessione e sull’altro alla stagnazione, come affrontare questa stagione di rinnovi?
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Associazione LABOUR R. Lombardi – "Per una società di liberi e eguali"