Sergio Negri – Alle 16,55 di venerdì 31 maggio del 1996 si spegneva LUCIANO LAMA. Qualche ora prima, in quello stesso giorno, il Governo Prodi otteneva nell’aula di Montecitorio la fiducia definitiva del Parlamento.
Forse per la prima volta nelle vicende umane conosciute, il destino si era piegato alla volontà di un uomo.
Sì perché Luciano Lama aveva scelto, nel corso della sua vita straordinaria, di lavorare alla “missione” riformista la quale prevedeva il riscatto dei lavoratori dall’antico servaggio riconoscen-do a loro però anche il diritto e il dovere di aspirare al Governo del Paese. In un libro intervista dal titolo “Cari Compagni” Luciano Lama diceva di sé: <<Direi che sono un riformista unitario, o, se si vuole, un riformatore unitario. Unitario nel senso pieno del termine – unità dei lavoratori, unità delle forze politiche che si riconoscono nella causa di emancipazione del mondo del lavoro – perché si raccolgano tutte le energie disponibili attorno agli obiettivi che vogliamo realizzare. Obiettivi che oggi sono quelli di un programma riformatore, per cambiare questa società democraticamente, dando concretezza ai valori storici del socialismo: l’uguaglianza, la libertà, lo sviluppo, la conoscenza, la giustizia, la salute, la pace>>
Aveva inseguito a lungo il sogno di vedere affidare ai “suoi amici e compagni” il compito di go-vernare l’Italia.
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