Renzo Penna – Per fortuna a Roma c’è un Presidente della Repubblica che non ha timore del conformismo. Quella abitudine acritica e deferente che, mentre pare tutti la pensino allo stesso modo, ti induce a stare zitto, a seguire la maggioranza, a far finta di nulla anche se hai una opinione opposta. Ad esempio nei confronti di un ministro dell’Interno che, con il crocefisso e il rosario in mano, si vanta di chiudere i porti a chi scappa dalla fame e dalla guerra. E fa ogni giorno della presenza degli stranieri il problema principale di questo Paese, perché non sa, o non vuole risolvere quelli veri: la mancanza di lavoro, specie tra i giovani e il mezzogiorno, l’aumento della povertà e delle diseguaglianze. O semplicemente perché è più facile e redditizio indicare un nemico e alimentare i sospetti e le paure nei confronti di chi è diverso, non parla la nostra lingua e ha la pelle più scura.
Ha fatto bene il Presidente Mattarella a ricordare ai giornalisti, in occasione della cerimonia del Ventaglio, che l’Italia “non può somigliare al Far West” dove, come è successo a Roma, un tale, ex impiegato del Senato, “compra un fucile e per ‘provarlo’ spara dal balcone verso un campo di nomadi, ferendo una bambina di un anno”, rovinandole la salute e il futuro. E ad affermare che “questa è barbarie, deve suscitare indignazione”. Ha fatto bene perché analoghi episodi di razzismo e xenofobia si stanno ripetendo con preoccupante frequenza in un Paese, ricordiamolo, dove nel 1938, non mille anni fa, il regime fascista promulgò “le leggi per la difesa della razza” e scatenò una violenta campagna contro gli ebrei. Una persecuzione che colpì e smembrò anche la comunità israelitica alessandrina e, anche qui, molti che magari non condividevano preferirono, per timore delle conseguenze, tacere e far finta di nulla. Ed è sempre il capo dello Stato ad aver scritto, in occasione degli ottanta anni del “Manifesto della razza”, che il regime non si fermò agli ebrei, ma allo stesso modo “si accanì contro Rom e Sinti, e anche quelle mostruose discriminazioni sfociarono, come l’Olocausto, nello sterminio, il porrajmos, degli zingari”.[1]
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