di Renzo Penna
Alessandria, lunedì 9 ottobre 2007
La mia contrarietà alla decisione dei Democratici di Sinistra di costituire il Partito Democratico non nasce oggi, ma è nota e motivata da tempo.
Quando nel 2000, con altri compagni di tradizione e cultura socialista, ho aderito ai DS il titolo della mozione del segretario al Congresso di Torino era “Una grande sinistra, un grande Ulivo per un’Italia di tutti” e l’obiettivo – deciso nel ’98 a Firenze dagli Stati Generali della Sinistra – quello di trasformare i Democratici di Sinistra nel Partito Socialista Europeo all’interno di una federazione dell’Ulivo.
Ho preso atto che si è scelta un’altra strada, che rispetto, ma non condivido e alla quale non mi sono adeguato. Per me Socialismo e Socialista non rappresentano termini superati o da superare come ritiene Walter Veltroni, ma l’essenza di una sinistra laica e plurale, dotata di una forte cultura di governo e che fa del valore del lavoro il centro della sua azione politica.
L’anomalia della sinistra italiana, che il PD non solo non risolve, ma anzi rischia di aggravare, è la mancanza – unico paese in Europa – di un forte Partito Socialista, a pieno titolo appartenente al Socialismo Europeo e aderente all’Internazionale Socialista.
La costruzione del PD si sta poi rivelando un affare tutto interno agli apparati di DS e Margherita, predefinito negli assetti dagli accordi di vertice, con una scarsa attitudine a confrontarsi sui contenuti e la nascita di correnti organizzate che precedono la nascita del partito e prescindono dai programmi.
Sin qui ciò ha prodotto ridotta partecipazione e scarso coinvolgimento, al di fuori dei diretti interessati al voto del 14 ottobre, ed è destinato a produrre scontenti tra le file degli stessi iscritti ai due partiti.
Detto questo, auguri al PD e agli amici e compagni impegnati in elezioni “primarie” dalle caratteristiche molto particolari.
Nell’interesse dell’Unione e di tutto il centrosinistra è adesso necessario che lo spazio politico che inevitabilmente la nascita del PD libera a sinistra trovi una risposta adeguata e attenta ai contenuti, offra sedi di discussione e favorisca la partecipazione dei cittadini interessati. Questo mi sembra indispensabile sia a livello nazionale, per garantire la continuità al governo Prodi, che nella dimensione locale.
Dimensione nella quale il centrosinistra è chiamato a impegnarsi per riprendere ruolo, strategia, capacità organizzative e proposte politico-programmatiche, in particolare, nella città di Alessandria dopo la pesantissima sconfitta subita alle recenti elezioni comunali.
Sconfitta sulle cui cause è sin qui mancata tra i partiti e nella coalizione una vera e approfondita analisi, senza la quale il rischio di riprodurre scelte e comportamenti sbagliati diviene probabile.
Così come le responsabilità per un esito che si è palesato con largo anticipo, non possono aver riguardato solo gli errori di singoli, ma chiamano necessariamente in causa l’inadeguatezza dei gruppi dirigenti dei partiti, ad iniziare dai Democratici di Sinistra.
Una forte ripresa dell’iniziativa politica di tutta l’Unione nel capoluogo rappresenta anche una delle primarie condizioni per sostenere in maniera adeguata la maggioranza di centrosinistra che governa la Provincia, dove Giunta e Presidente hanno dimostrato in questi anni come sia possibile garantire il pluralismo della coalizione senza inficiarne l’accordo e l’intesa, ma anzi favorendo la piena attuazione del programma.
Personalmente, non mancherà il mio contributo – in specie sul territorio alessandrino – al movimento, promosso da Mussi, di “Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo”, puntando a favorire il ricambio e il diretto impegno in politica di persone giovani.
Non perdendo comunque di vista l’obiettivo di portare a unità le formazioni della sinistra che appartengono al socialismo europeo, seguo con attenzione anche gli sviluppi della“Costituente Socialista” di Angius e Boselli e l’evoluzione impressa a Rifondazione da Fausto Bertinotti.
Oggi è però necessario pronunciarsi, sinteticamente, ma in maniera esplicita su due altri aspetti: il giudizio sull’accordo del sindacato con il governo e la crisi dei partiti e della politica.
Ho imparato da grandi dirigenti sindacali: Luciano Lama, Bruno Trentin, Fausto Vigevani, che gli accordi rappresentano sempre un punto di mediazione e vanno rapportati alla situazione nella quale si sottoscrivono. Inoltre se l’accordo ha il valore dell’unità ed è condiviso da tutto il sindacato – come nel caso del protocollo sul welfare – questo rappresenta il risultato più avanzato cui attestarsi, per poi ripartire e ricercare nuove e più avanzate soluzioni per i lavoratori.
Per questo è interesse della sinistra rispettare sempre l’autonomia di giudizio del sindacato e valorizzare la grande prova di democrazia segnata dalla tenuta di migliaia di assemblee e dal referendum cui partecipano milioni di lavoratori.
Un largo successo dei “si” rafforzerà il sindacato, ma tornerà utile anche al governo e aiuterà la alleanza che lo sostiene a ritrovare la strada per l’intesa.
I partiti e in generale la classe politica sono oggi criticati per la loro distanza dai problemi che riguardano le persone comuni e per i privilegi di cui, in larga parte, godono. Ma i privilegi nascondono il vero limite oggi della politica: la sua subalternità nei confronti degli interessi delle forze economiche e finanziarie, per carenza di idealità e capacità progettuale
Ai potentati economici fanno gioco partiti e politici indeboliti da uno scarso legame con i cittadini e invisi a causa dei costi eccessivi della politica. Maggiore autonomia, chiaro indirizzo riformatore, trasparenza nelle decisioni, sobrietà e moralità nei comportamenti e un costante e ravvicinato rapporto con i problemi di tutti i giorni delle persone normali sono oggi le cose più carenti e, al contrario, le più necessarie per riconquistare rispetto e fiducia nella politica.