Di Renzo Penna – “Abbondano le lacrime di coccodrillo per le difficili condizioni che sta attraversando la sanità pubblica stressata dall’epidemia di Coronavirus, dopo decenni di tagli nel trasferimento delle risorse, di riduzioni del personale (infermieri, medici e tecnici di laboratorio), posti letto e chiusure affrettate di piccole e medie strutture, sovente presidi preziosi per il territorio e, nell’attuale emergenza, utili anche per isolare il contagio. Con dipendenti costretti, molto prima dell’insorgere del Covid-19, a straordinari e turni massacranti, e il ricorso, da più parti, a medici già in pensione. Recriminazioni poco credibili, specie se provenienti dalle Regioni, oggi in serie difficoltà, governate dal centrodestra dove, scientemente, si è operato per agevolare gli interessi della sanità privata in favore di coloro che, per reddito e condizione, ne possono affrontare i costi e, al contempo, si è lasciato deperire e declassato il servizio sanitario nazionale pubblico e universale. Il tutto in nome di una presunta razionalizzazione ed efficientamento del sistema, considerato alla stregua di un’azienda. Piuttosto che assegnare priorità alla qualità e all’efficacia del servizio si sono, da parte di troppi Governi, nazionali e regionali, considerati esclusivamente i problemi dei costi e della sostenibilità finanziaria. Con il fine di conquistare alla logica del profitto privato quote crescenti e consistenti del sistema. E si è giunti persino a consentire che si diffondesse e affermasse, tra i cittadini, un giudizio negativo sul sistema sanitario che, malgrado forti squilibri territoriali e sacche di inefficienza, è tra i migliori al mondo.
Il Servizio Sanitario Nazionale – ricordiamolo – è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art.32 della Costituzione, che, tra l’altro, recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti… “. I principi fondamentali su cui si basa il SSN sono dovuti alla legge n. 833 del 1978 – una delle ultime leggi per le quali è corretto utilizzare il termine di “Riforma” – e sono: l’universalità (l’estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione), l’uguaglianza (i cittadini devono accedere alle prestazioni senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche) e l’equità (a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute).
Per comprendere la gravità, soprattutto, della rete ospedaliera italiana basta considerare che da noi ci sono 5,6 infermieri ogni mille abitanti contro i 7,9 del Regno Unito, i 10,5 della Francia i 12,6 della Germania. Per la Federazione Italiana delle professioni infermieristiche il nostro Paese avrebbe bisogno di 50 mila infermieri in più. Per quanto riguarda i medici la carenza è strutturale: secondo i presidenti delle regioni che, dal Veneto al Molise, hanno richiamato in servizio i professionisti in pensione, all’appello ne mancano 56 mila. Senza contare che l’età media dei camici bianchi in corsia supera ampiamente i cinquant’anni. La ricerca del Cergas Bocconi informa, poi, che tra il 2012 e il 2017 sono stati soppressi 759 reparti ospedalieri e i posti letto in dotazione sono 3,2 ogni mille abitanti, contro i sei della Francia e gli otto della Germania. Per quanto riguarda le risorse che sarebbero necessarie per essere al pari degli altri principali paesi europei mancano all’appello 10-12 miliardi di euro di investimenti. L’Italia, infatti, destina alla sanità il 20 per cento in meno rispetto all’Inghilterra, il 34 per cento in meno della Francia, il 45 per cento in meno della Gerrmania. E va, almeno, dato atto all’attuale governo e al ministro Speranza di essere riuscito a inserire nell’ultima finanziaria due miliardi in più sulla spesa sanitaria.
Ma se siamo giunti a questo punto le responsabilità non possono che riguardare anche i limiti della sinistra e del centro sinistra, la sua debolezza riformatrice. Una debolezza culturale che, specie nelle fasi di crisi, induce a ritenere che, in generale, i sistemi di protezione sociale sono necessari, ma che la loro esistenza limiterebbe la crescita e lo sviluppo economico. Un’idea semplicemente contraria alla verità storica. Infatti i sistemi di protezione sociale, come la sanità, la previdenza, l’assistenza, sono fattori fondamentali dello sviluppo e del progresso così come sono strutture e fattori essenziali per la stessa tenuta democratica del Paese. Anzi proprio per questo lo “Stato sociale” e i sistemi di welfare hanno rappresentato nel 20° secolo un fattore di identità, di forza, di visione della società, della democrazia e sono stati il merito storico fondamentale dei diversi riformismi e del socialismo. E non deve sorprendere che il tema di un sistema sanitario pubblico sia, oggi, al centro del confronto tra i candidati democratici in lizza per le presidenziali degli Stati Uniti d’America.”
Alessandria, 6 marzo 2020