Roma, 5 luglio 2009
Occorre dire subito che l’atmosfera dell’incontro tenutosi a Roma il 3 luglio u.s. tra i promotori della lista di Sinistra e Libertà presentata alle ultime elezioni per il Parlamento europeo è stata nettamente positiva sia per il numero che per la qualità della partecipazione e degli interventi. Eppure molti venivano da non pochi tentativi, poco fortunati, di creare anche in Italia un partito socialista, come sarebbe normale.
Forse per la prima volta in riunioni di questa natura la convinzione della necessità di andare avanti ha superato lo scetticismo verso una situazione politica certamente preoccupante. I quattro big delle varie componenti – ognuno con qualche cautela dovendo assumere posizioni non sempre già verificate al proprio interno – hanno dovuto o voluto confermare il passaggio dall’alleanza elettorale alla costruzione del nuovo partito, che dovrà essere battezzato a metà settembre. Per l’esattezza è stato detto il 12 settembre. Su questo punto gli interventi sono stati senza eccezioni convergenti e apparentemente molto convinti e motivati
In una sala senza palco per una volta tanto, tutti gli oratori si sono alternati con un rispetto assoluto dei tempi assegnati eguali per tutti. E’ un dettaglio, ma è giusto segnalarlo. Lo sguardo e le attese per il Congresso del PD erano presenti in molti interventi. Si sono sentite parole nuove e di apprezzamento nei confronti dei socialista da parte di persone che sino a ieri non si erano certo sprecate in questa direzione. E nonostante, aggiungiamo noi, la componente socialista non sia apparsa la più impegnata. Ma quando si parla di programma il richiamo alla storia e all’esperienza socialista diventa ineliminabile nonostante i decenni passati.
Tutto questo dovrà trovare forme e struttura di analisi e di elaborazione che dovranno contribuire a costituire la carta di identità concreta del nuovo partito. Ma comunque è stato espresso un impegno, colto in maniera diffusa, e cioè che da oggi in poi tutte le vicende elettorali dovranno vedere la presenza del simbolo e delle liste di S. e L. alternative alle vecchie aggregazioni. E ciò vale particolarmente per le prossime elezioni regionali.
Per l’Associazione LABOUR “R.Lombardi” è intervenuto Mauro Beschi esprimendo, tra l’altro, una adesione e una sollecitazione per quel processo di costruzione dal basso, l’unico in grado di assicurare anche un ricambio di responsabilità del quadro politico .nazionale.
Si è evidenziato come la crisi abbia riproposto le grandi opzioni valoriali della sinistra e, paradossalmente, mai come in questo periodo la voce della sinistra sia flebile proprio su quei valori.
In particolare la questione del ruolo pubblico, diventato così centrale per sostenere mercati finanziari e imprese (il socialismo per i ricchi) e così residuale quando si tratta di delinearne la sua funzione regolativa, sociale e redistributiva.
Senza una forte responsabilità pubblica non si creerà, da sé, un diverso modello produttivo; non ci saranno politiche inclusive più adeguate, fondate su principi universalistici messi, oggi, in discussione dal ministro Sacconi.
Ma senza un forte “ruolo pubblico” non può nemmeno dispiegarsi, o addirittura esercitarsi, la funzione della politica, il suo progetto, tanto più di una politica che vuole cambiare il segno dei rapporti economici e sociali, contro il disegno di poteri, forti e radicati, che proprio dalla irrilevanza della responsabilità pubblica, dalla evanescenza dei principi di terzietà e legalità, dalla crisi della responsabilità collettiva, trovano spazio e consenso per perpetuare condizioni di diseguaglianza economica, sociale e civile mai riscontrate nel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi.
Serve un pensiero che rinnovi le politiche della sinistra e serve un metodo: sarebbe una bestemmia, in questa fase, ragionare su un rilancio delle politiche di programmazione?
Non solo perché potrebbero rappresentare lo strumento per proporre finalmente interventi economici e sociali coerenti, adeguati e condivisi, ma anche, e non è poco, perché la programmazione è stato l’unico, rilevante, esempio di politica riformatrice in Italia.
Un’ altra questione assume grande rilievo nel processo di costruzione del nuovo “soggetto politico”.
Se si analizza con sincerità l’andamento del voto per S.e L. e i fermenti, la voglia di partecipare di queste settimane, essi ci parlano di una importante domanda di una sinistra nuova, cui, però, ad oggi, non si prospetta un’offerta convincente e credibile.
Per questo la costruzione del nuovo soggetto, accanto alla fatica di una nuova elaborazione politica e programmatica, deve partire dal basso, dall’insediamento nei territori. Non può bastare un coordinamento nazionale o regionale, occorre aprire, oltre gli attuali gruppi dirigenti, verso nuove forze e verso più ricche e condivise forme di partecipazione democratica.
Occorre un luogo, ovunque ed in misura più larga possibile, nel quale rendere possibile un incontro, un confronto, una discussione che offra a tutti quanti si avvicinano di sentirsi coinvolti, parte attiva e consapevole di un progetto costitutivo. Inoltre è in questi punti di relazione che si possono innervare e moltiplicare i percorsi più fecondi di contaminazione tra militanti delle varie componenti che si sentono impegnate in questa sfida importante ed impegnativa.
E’ nel territorio che può trovare risposta efficace, di fronte alle pratiche leaderistiche e populiste di questi anni, una ripresa della democrazia partecipativa che sappia rappresentare e far pesare, in una discussione estesa e riconosciuta, le diverse opinioni nel dibattito e le singole volontà nelle votazioni. E’ dal basso che può venire, anzi, deve venire una sollecitazione verso i piani alti, una dialettica tra militanti e gruppi dirigenti che diviene la prima condizione, necessaria anche se non sufficiente, per costruire un soggetto non autoreferenziale e residuale.
Infine occorre rapidamente strutturare il “nuovo soggetto”, offrirgli una piattaforma politica e programmatica (ideologica se non fosse anch’esso un termine devastato), una struttura dirigente (democratica, pluralista, non verticistica, territorialmente insediata), una proliferazione delle sedi, una soluzione egli enormi problemi della circolazione delle informazioni e della partecipazione.
Solo se si costituisce questo Partito, pluralista, democratico ma coeso e dinamico, che sa cosa è e cosa vuole, si possono affrontare le grandi questioni delle alleanze o, addirittura, di nuovi processi aggregativi.
Altrimenti, come numerose esperienze del passato ci hanno evidenziato, a quegli appuntamenti si arriverebbe senza peso politico ed organizzativo, senza capacità di contribuire a quelle mediazioni e compromessi che sono accettabili ed accettati solo se rappresentano un equilibrio vero, ed alla fine venendo risucchiati in pratiche politiche senza “senso” e senza consenso.
A questo punto la questione dell’organizzazione si è posta e si pone con molta evidenza dovendosi affrontare il processo di separazione e distacco tra la politica e l’elettore che da molto tempo ha colpito anche e forse particolarmente la sinistra. Ma poiché non ci possono essere più di tanto separazioni tra la fase dell’organizzazione e quella della elaborazione politica per questo nuovo partito si è in tempo per evitare errori in questa direzione. Come fare, tuttavia, al di là delle belle dichiarazioni, non è semplice visto anche che i mezzi finanziari non ci sono.
Qualcuno ha citato l’esempio delle collette elettroniche ed in genere è emersa la necessita di iniziare dal territorio, dalle sezioni là dove ci sono, dalle associazioni. Magari disponendo anche di un quotidiano. Si potrebbe pensare di partire con un giornale elettronico e poi un mensile sul modello di Aprile. Ma ci sono questioni ancora più essenziali e preliminari: chi avrà diritto a partecipare all’assemblea convocata per il 12 settembre? Come e dove ci si iscrive? Come e dove ci si incomincia ad esprime e ad incidere sulle scelte politiche?…
Insomma il costituendo nuovo partito si trova di fronte alle prime difficoltà tra una scadenza – quella di settembre – necessaria per evitare sfrangiamenti, e la costruzione dei contenuti che richiede la formazione di Commissioni di lavoro, la mobilitazione degli esperti, degli addetti, il dibattito allargato, le riunioni locali…, con tempi e strumenti che non sempre sono gli stessi. Qualche regola e qualche formula organizzativa ancorché provvisoria, dovremmo darcela.