Gestione dei rifiuti: “la maggior parte deve essere recuperata e riciclata come materia.”

di Renzo Penna

11 aprile 2006

Trovo vi sia un eccesso di eccitazione attorno alla ripetuta proposizione del tema dell’inceneritore che, non casualmente, si accompagna a una generica denuncia degli eccessivi costi che comporterebbe la raccolta differenziata.

Nel campo della gestione dei rifiuti solidi urbani la politica della Provincia di Alessandria è semplice e chiara: siamo per il pieno rispetto e la puntuale applicazione del decreto legislativo del ministro Ronchi (1997) e del governo Prodi. Ne condividiamo gli indirizzi e la filosofia di fondo, in linea con l’Europa, che indica negli interventi per la gestione dei rifiuti una precisa gerarchia: prima la riduzione e il riciclo, poi il riutilizzo della materia ottenuta attraverso la raccolta differenziata e, infine, per la parte rimanente, il recupero energetico.

A questa filosofia si ispira il Piano Operativo d’Ambito della Provincia di Alessandria, del 15 marzo 2005, che indica nel 66% – i due terzi dei rifiuti – la percentuale di raccolta differenziata da raggiungere al termine del mandato amministrativo (2009).

Nella regione siamo la provincia che ha la più alta produzione pro capite dei rifiuti: oltre un chilo e seicento grammi a persona. Più virtuosa di noi la provincia di Asti (1.100 g.), ma anche quella di Torino (1.400g.). Nella raccolta differenziata, secondo i dati del 2004, con il 27,8% facciamo registrare un risultato migliore nei confronti della provincia di Vercelli (21,6%), ma più efficaci di noi sono Novara (49,6%), il Verbano (46,8%), Asti (36,4%), Cuneo (33,4%), Biella (32,7) e la stessa provincia di Torino (31,2%) che nel 2005, secondo le indicazioni dei comuni campione, ha raggiunto la quota del 35%.

Questi i dati dai quali occorre partire per definire nella gestione la scala delle priorità e gli interventi più utili per raggiungere gli obiettivi di legge e recuperare i ritardi.

Per ridurre la quantità dei rifiuti – la Regione Piemonte indica in 900 grammi a persona l’obiettivo da perseguire –  e aumentare la raccolta differenziata occorre modificare le modalità della raccolta, passando dai grandi cassonetti posti sulle strade ai contenitori, di differenti e ridotte dimensioni, collocati presso il domicilio delle persone.

Su questa strada si sono negli ultimi anni mossi, in particolare nelle regioni del nord, centinaia di comuni e decine di consorzi la cui positiva esperienza e gli ottimi risultati conseguiti sono a disposizione di tutti coloro che alla materia si vogliono avvicinare in maniera seria, per conoscere, apprendere e, a loro volta, applicare.

E’ la strada che ha di recente intrapreso il comune di Alessandria, con l’AMIU e il consorzio alessandrino, modificando il sistema di raccolta al quartiere Cristo e proponendosi di estendere gradualmente la raccolta domiciliare dei rifiuti all’intera città. I risultati di questi primi mesi sono molto buoni e dimostrano una generale disponibilità dei cittadini, quando sono messi nelle condizioni di poterlo fare, a differenziare i rifiuti e a ricuperare i materiali.

Tutte le esperienze dei sistemi di raccolta “porta a porta” dimostrano poi, che, non solo si raggiunge l’obiettivo minimo di legge del 35% necessario per evitare le sanzioni, ma la differenziata cresce di molto e si raggiungono, in breve tempo, quote che, nelle diverse situazioni, si attestano tra il 50 e il 70%.

Questo rappresenta uno dei  fattori  decisivi che fa preferire questa metodologia di raccolta in quanto permette di contenere i costi di gestione, sia  per il risparmio che si ha con i minori conferimenti in discarica, sia con il recupero di risorse che si ottiene inviando a recupero i  materiali nei diversi Consorzi, i quali si stanno sempre più affermando come un modello vincente a tutela dell’ambiente.

Gli allarmi che periodicamente vengono sollevati sui consistenti aumenti dei costi che determinerebbe la raccolta differenziata, non hanno nessun rapporto con la realtà, rivelano una scarsa conoscenza delle esperienze più avanzate, in Italia e in Europa, nel campo della gestione dei rifiuti e, sovente, nascondono interessi di diversa natura.

Se poi si considera che dal 2008 non sarà più possibile smaltire in discarica la maggior parte dei rifiuti biodegradabili (in Germania dallo scorso luglio può essere smaltito in discarica solo il 5% di materiale putrescibile), la raccolta differenziata dell’organico o, nelle realtà dove è possibile, l’incentivo al compostaggio domestico, sono decisioni che si impongono e diventano anch’esse prioritarie e urgenti per tutto il nostro territorio provinciale.

La raccolta differenziata eseguita a domicilio permette poi, a Comuni e Consorzi, di passare dalla tassa, che computa solo la superficie delle abitazioni, al sistema della tariffa che consente di calcolare i tributi dei cittadini più equamente in base alla quantità dei rifiuti prodotti.

Gradualmente si può, in seguito, introdurre la tariffa puntuale che, calcolandosi solo sul rifiuto indifferenziato prodotto, premia i cittadini che più differenziano e meno producono rifiuti.

In Piemonte l’esperienza più avanzata, per questo aspetto, è quella del Consorzio Chierese che ha seguito le mosse del noto Consorzio Priula della provincia di Treviso.

Per quanto riguarda il recupero energetico della frazione residua dei rifiuti, questo dipende dal potere calorifico dei medesimi che, a sua volta, è influenzato dalle caratteristiche del rifiuto, il quale varia in base alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta.

Nei Comuni che raggiungono solo il 35% di raccolta differenziata e che non hanno attivato la raccolta domiciliare dell’organico, il potere calorifico della parte residua può arrivare a 11.000/12.000 kj/kg, mentre ove si raggiunge il 50-55% si arriva a 16.500 kj/kg. Nei Comuni e nei Consorzi dove si è arrivati al 65%, adottando la tariffazione puntuale, si sono superati abbondantemente i 18.000 kj/kg.

Ricordo che, in base alla normativa, il potere calorifico minimo affinché un rifiuto urbano pretrattato possa definirsi Cdr (combustibile da rifiuto) si ha solo quando si superano i 15.500 kj/kg, mentre per il Cdr a norma UNI 9903-1 si deve arrivare a 20.000 kj/kg.

Tutto questo per rappresentare che, al di sotto di una significativa percentuale di raccolta differenziata, non si ha ragione di parlare , per la parte rimanente del rifiuto, di possibile recupero energetico, ma, se mai, di incenerimento del medesimo.

Incenerimento il cui costo, giova ricordarlo, se finalizzato solo alla distruzione dei rifiuti solidi urbani è decisamente elevato e viene stimato (studio Università Bocconi 2005) in 228 Euro per un  MWh.

Qualsiasi frazione di rifiuto indifferenziato contiene, comunque, sempre una parte di materia organica (dal 25% al 40%) che, separata dalla porzione solida e attraverso un processo di digestione anaerobica, può produrre sia energia termica che elettrica. Questo processo, separando il rifiuto con la tecnica della presso estrusione, sarà nei prossimi mesi sperimentato presso l’impianto di Castelceriolo.

Conclusivamente, la gestione dei rifiuti rappresenta certo un sistema complesso cui poco si addicono gli approcci improvvisati e le eccessive semplificazioni, per evitare i quali è indispensabile comprendere il senso e il valore di fondo del Decreto Legge 22/97, quando questo, recependo le direttive comunitarie, propone nella gestione un rigoroso ordine gerarchico e, considerando il rifiuto una risorsa, prevede che la maggior parte debba essere riutilizzata, o riciclata come materia.

 

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