di Sergio Ferrari, Riccardo Leoni, Stefano Lucarelli, Paolo Pini e Roberto Romano
La minore crescita del Pil nazionale rispetto alla media europea suggerirebbe molta cautela nell’analisi e nelle previsioni economiche. È da più di 20 anni che l’Italia non aggancia la “crescita” internazionale. Tutti gli istituti di ricerca concordano sul fatto che il deprezzamento dell’euro e del prezzo del petrolio favoriranno la crescita economica, assieme al quantitative easing (QE) della BCE che dovrebbe, lungo la catena di trasmissione dei tassi di interesse, ridurre il tasso di interesse praticato dalle banche alla clientela ed i tassi sul debito pubblico, liberando risorse per nuovi investimenti. Nonostante la vistosa perdita del potenziale produttivo, i margini di capacità inutilizzata sono ancora elevati per cui liberare risorse è una condizione necessaria ma non sufficiente affinché si attivino dei nuovi investimenti.