Appunti della relazione del Prof. Giovanni Scirocco a Volpedo (AL), sabato 27 settembre 2014 in occasione del VII raduno del Gruppo di Volpedo.
Dall’intervista di Giampiero Mughini, Mondoperaio, del novembre 1978:
“Una volta ti sono venuti in casa i ladri. Sembra che non abbiano trovato nulla”. “Hanno portato via un orologio di metallo, una vecchia pelliccia sfasciata di mia moglie, una valigia che mi era molto comoda per andare in aereo senza doverla consegnare”. “Hai mai pensato ad avere più soldi?” “Non avrei saputo che cosa farne. Non ho neppure una casa. Mi basta poter comprare dei libri”. “Una vita dedicata alla politica. Ti sei privato di qualcosa?” “No, non mi sembra”. Da queste poche righe si potrebbero trarre molte considerazioni. E’ una concezione della politica che spiega, di per sé, lo straordinario fascino che hanno esercitato, in tutti coloro che li hanno incontrati, questi personaggi e in particolare Riccardo Lombardi. Sono convinto che tutti noi sappiamo esattamente dire come e quando sono diventati “lombardiani”.
Verrei meno alla completezza della narrazione se non accennassi anche all’oratoria di Lombardi, che andò col tempo perdendo di smalto, ma che allora incideva le idee in testa all’ascoltatore a colpi di scalpello. Feci esperienza dell’eloquenza di Lombardi più che nei congressi nei Comitati Centrali di partito. Senza essere un marxista di schietta osservanza – e non lo dissimulò mai – RL faceva degli interventi caratterizzati da una forte intelaiatura economicistica, tanto da dimenticare alle volte lo scopo poi che si proponeva per correre dietro ad un dato o una teoria che lo avevano affascinato (Paolo Vittorelli, L’età della speranza. Testimonianze e ricordi del Partito d’Azione, La Nuova Italia, Scandicci 1998, p. 97). Vittorelli: “incideva le idee in testa a colpi di scalpello”.
La concretezza non era una “riduzione” dei problemi ma, al contrario, coincideva con un orizzonte di riflessione molto ampio (…). Poteva parlarti di un contratto di lavoro e, nello stesso tempo, era capace di rappresentare uno scenario globale, in cui riusciva ad inserire l’aspetto particolare da cui era scaturito il ragionamento. Oltre all’oggetto del contratto, dunque, era possibile quasi “vedere” gli operai e i padroni, i soggetti del contratto, e riflettere in un’ottica più generale sulla loro linea di condotta (Foa: la concretezza di Lombardi).
Convinti dell’attualità di RL, soprattutto in questo periodo: uscito definitivamente dall’accusa di utopismo che gli è stata spesso rivolta e rivalutata la sua presbiopia, che bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di chiamare lungimiranza (dalla mutazione genetica del PSI alla crisi del welfare e della socialdemocrazia, alle tendenze del capitalismo).
Per Andrea Saba in realtà questa crisi segna la fine di un sistema basato sugli iperconsumi: tutta la società, dalla tv, all’educazione, alla forma delle città, ha il fine esplicito di trasformarci tutti esclusivamente in insensati consumatori. Questa crisi segna la fine di questo sistema. Da questa analisi derivavano alcune conseguenze di grande importanza per la strategia del movimento operaio che finivano, a differenza di Panzieri, per intaccare i fondamenti stessi del marxismo-leninismo:
“Non è più lecito considerare la conquista dello Stato come condizione necessaria e inevitabile per il passaggio alla società socialista […]. Ma se così è […] ne nasce una rivalutazione di fondo della politica e della democrazia. Acquisire il concetto che lo Stato non si conquista dall’esterno, ma si trasforma e si modifica dall’interno, significa collocare su basi del tutto nuove i rapporti (e non soltanto i rapporti di forza) fra le classi e fra i partiti; significa principalmente abbandonare come inutile e dannosa la politica di promuovere attorno al partito rivoluzionario il blocco indiscriminato di tutti gli interessi lesi e offesi: politica che trova la sia giustificazione solo nella prospettiva rivoluzionaria dello schema leninista, ove suprema importanza ha non riformare la società e lo Stato, ma rafforzare il partito, cioè lo strumento da impiegare al momento giusto per la rottura dell’apparato statuale della borghesia. Significa in altre parole liquidare la politica di mera potenza caratteristica dei partiti comunisti”
Lombardi è comunque attento nel rifiutare, da queste premesse, qualsiasi ipotesi riformista o socialdemocratica, lanciando invece la parola d’ordine delle “riforme di struttura” che porterà avanti con coerenza durante il centro sinistra: “Se tende a svanire la prospettiva della conquista esterna dello Stato (con tutte le conseguenze anche di carattere teorico sul concetto di dittatura del proletariato) nella prospettiva di trasformazione dall’interno dello Stato s’intravvedono già fin d’ora sufficientemente articolate le due tendenze fondamentali: l’una indirizzata alle riforme rispettose dell’ordine giuridico proprietario dello Stato borghese e tendenti essenzialmente all’equità nella ripartizione del reddito, cioè la tendenza a creare e consolidare lo stato di benessere, il welfare state (…). L’altro filone è quello che, sempre dall’interno dello Stato e utilizzando gli strumenti della democrazia politica, punta sulle riforme rivoluzionarie, cioè sulle riforme dirette a infrangere il quadro dell’ordinamento proprietario esistente, per creare non già lo stato di benessere, ma la società senza classi”.
Da questo contrasto tra Lombardi e Panzieri derivava quindi il delinearsi di differenti strategie per il movimento operaio italiano. Lombardi (e Giolitti) avrebbero insistito sulla necessità, in ambito parlamentare, di una programmazione riformatrice, Panzieri sul ruolo autonomo e antagonistico della classe operaia nei confronti del neo-capitalismo.
La prospettiva lombardiana di connettere le misure anticongiunturali ad un più ampio disegno di rinnovamento economico-politico del paese fu definitivamente sconfitta. Con la stretta creditizia alcune riforme qualificanti dello “storico incontro” tra cattolici e socialisti vennero rinviate, altre vennero accantonate sine die.
Elaborazione di una politica dell’alternativa. Discorso Torino febbraio 1965.
Differenza tra la programmazione in una società democratica e la pianificazione in una società autoritaria: “Una società è democratica in quanto rende possibile una contestazione permanente delle posizioni raggiunte, ciò che richiede una opera di mediazione dei contrasti che anche nella più organizzata e nella più omogenea delle società esistono (…) La condotta di una società democratica è molto più difficile, più contrastata o meno rapida di una condotta autoritaria; il solo vantaggio di un regime autoritario è quello della rapidità dell’esecuzione, ma anche gli errori che si commettono sono in numero maggiore e rapidissimi nei loro effetti a breve e a lunga scadenza (…) alla elaborazione del piano, per la funzione democratica che noi socialisti conferiamo a questo nuovo modo di organizzare la vita economica e sociale del paese, devono partecipare così i sindacati come le regioni, rappresentanti delle istanze democratiche a livello verticale e orizzontale, oltre a quelle istituzioni che garantiscono la presenza dei valori culturali più vivi del paese”
Discorso di Torino sulla Società diversamente ricca del 1967:
“I socialisti vogliono la società più ricca perché diversamente ricca: è il tipo di benessere, è il tipo di consumi che noi vogliamo cambiare… perché il socialismo è un progetto dell’uomo, soprattutto, è un progetto dell’uomo diverso” :
Le difficoltà di costruire una politica socialista son o evidenziate nell’articolo dell’ottobre 1969 La sinistra e le tendenza del capitalismo (che pure contiene, nel suo richiamo al classismo, evidenti limiti di analisi), laddove scrive che <<oggi è più difficile spiegare agli operai, spiegare agli impiegati qual è la molla interna del sistema, come si svolge questo meccanismo della produzione e della distribuzione capitalistica, in che modo avviene e in che modo si articola e si sviluppa la sua capacità di sfruttamento e di espansione; è più difficile, quando l’apparato appariva nudo, perché meno coperto di quanto non sia oggi, proprio dalla mistificazione data dalla preminenza che nella produzione cap ha l’elemento finanziario: esso costituisce un vero fattore mistificatorio che copre lo scambio delle merci di un velo quasi mistico, raffinato e sofisticato>>.
Intervento di Lombardi a Piacenza nel 1981
“Compagni la forza di queste insorgenze di destra… che cosa dicono in sostanza, in soldoni questa gente…. Voi fino ad oggi, voi socialisti democratici avanzati, socialdemocratici, in tutti i paesi capitalistici avete sfruttato il progresso economico nel senso di aumentare il prelievo sui guadagni della borghesia, per una redistribuzione di redditi sotto forma assistenziale, la politica dell’assistenza dalla culla alla tomba, le pensioni l’assistenza sanitaria l’assistenza ai vecchi, l’assistenza all’infanzia la cultura diffusala solarità prolungata sono tutte acquisizioni importanti, nel nostro paese, non abbiamo avuto neanche questo perché non abbiamo avuto neanche questa politica se non sotto forma di elargizioni clientelari, ma in altri paesi questo c’è stato, questo è entrato in crisi compagni ma la crisi è reale, se noi sinistra dicessimo che l’offensiva di destra non ha base, sbaglieremmo, l’offensiva della destra esiste perché a sinistra sta mancando la base economica per proseguire questa politica, e questo spiega la crisi verso sinistra che in questo momento pervade tutti i partiti socialdemocratici in Europa, cioè se questa politica di assistenza, questa politica di welfare state alimentata dalla politica Keynesista, va avanti essa non riesce più ad alimentarsi, in Francia, e credo che la situazione in Italia sia piuttosto analoga è stato calcolato questo, che se la politica assistenziale dei governi precedenti continuasse indefinitamente con la sua curva ascendente entro dieci anni la totalità del reddito fiscale prelevato dai francesi basterebbe appena per le opere assistenziali”.
“E’ chiaro che una società non può vivere di sola assistenza è chiaro che ci sono problemi che si aggravano, quello che gli economisti britannici chiamano la crisi fiscale, esiste, l’insufficienza delle risorse una volta che siano concomitanti tre fenomeni, uno, una crisi produttiva e di produzione che non è affatto provvisoria e che continuerà, due, il fatto che i metodi tecnologici e di informatica che si estendono nell’industria tendono ad espellere dalla produzione una buona parte di uomini e donne e quindi riducono la forza lavoratrice, terzo, che la sanità, l’assistenza, aumenta il numero dei vecchi, rispetto a quello dei giovani, e la stessa crisi della natalità fa sì che la popolazione invecchia quindi ci troviamo già in questi anni in una situazione in cui grande parte della popolazione che tende ad essere maggioranza (oggi i più che sessantenni sono quasi la maggioranza nel nostro paese, lo diverranno fra poco) dovranno essere mantenuti da una massa di giovani in gran parte tenuti lontani dalla produzione o perché mantenuti nell’ambiente scolastico o perché non trovano lavoro, e questo in un periodo di mancata crescita della produzione, è chiaro che una società non può reggere, deve ad un certo punto abbandonare l’assistenza o mutare sistema compagni ecco la crisi della società socialdemocratica, con tutti i suoi fulgori compagni”.
“Nella sua eccezione classica e capitalistica il compito di produrre, e al governo il compito di distribuire il reddito non regge più, le basi economiche mancano, e allora bisogna cambiare sistema e allora bisogna intervenire nella produzione stabilire che cosa come e per chi si produce con quali intendimenti con quali rapporti, e allora si muta il processo cumulativo in modo da rendere possibile il proseguimento dell’opera assistenziale con una società più sobria con una società che consumi di meno beni necessitanti energie e consumi di più servizi beni culturali, tempo libero musica scolasticità, attività artistiche ed estetiche. Oggi il paradosso qual è, che le risorse produttive di beni necessari per i bisogni non soltanto minimi ma anche per i bisogni superflui degli uomini e delle donne sono più che perfettamente acquisibili con l’attuale apparato produttivo. Eppure non riusciamo appunto perché non interveniamo nell’apparato produttivo, a regolarlo in modo che esso produca quello che è necessario, e lasci le risorse necessarie per migliorare quello che si dice modo di vita”.
“Lo stile di vita della popolazione, è qui la grande svolta è qui che la politica socialdemocratica finisce e finisce nobilmente anche, finisce per l’esaurirsi delle condizioni che l’hanno resa possibile. E’ qui che la grande ipotesi socialista nasce. Interveniamo nella produzione non con forme statizzate ma con forme anche in parte statizzate in parte autogestionali. Con un progetto nuovo, è questo il progetto a cui io chiamo i compagni comunisti, a fare insieme che sia credibile (applausi) perché è possibile compagni. Non perché sia un frutto della fantasia o dell’utopia ma perché è possibile perché è necessario perché le risorse ci sono soltanto sono mal regolate, è qui che si apre la prospettiva, ma chi ha detto che il socialismo è ormai scomparso dalle prospettive che si tratta di un’idea invecchiata che nessuno sa più definire in modo credibile altro che come vaga aspirazione sentimentale all’uguaglianza e alla giustizia compagni”.
“Oggi siamo all’apertura di una situazione in cui o si trova una soluzione socialista oppure siamo alle barbarie compagni questa è la realtà delle cose (applausi).
Rinnovarci, abbiamo da capire che la condizione del socialismo oggi non sono più quelle di ieri, che non è più il socialismo che poteva essere introdotto con la semplice acquisizione del potere pubblico o della proprietà pubblica e della proprietà privata, non è più……….. il socialismo che oggi ha un rapporto enorme ………….chi può stabilire un rapporto con il terzo mondo, un rapporto che non sia soltanto un rapporto imperialista per aprire dei mercati ma c’è una politica europea da fare da parte dei socialisti una politica europea sul serio voi mi direte che io navigo nell’astrattezza compagni, può darsi , un qualche cosa di astratto di utopico c’è sempre e guai se non pensassimo al paradiso in fondo per chi ci crede e al socialismo per chi non ci crede,(applausi) ma un pizzico di utopismo, che sia soltanto il sale e non l’alimento”.
“La politica che proponiamo è una politica realista difficile dura, scelte…… piena di rischi anche, e forse che la politica che facciamo oggi non ha rischi compagni, ma c’è qualcuno che può supporre sul serio che il mondo anche se ricominciasse (molti si augurano che la crisi finisca) che si ricominci a produrre a gettito frenetico compagni questo è impossibile, guardate dalla fine della guerra, e nei primi trent’anni il reddito e la produzione di beni dei paesi sviluppati nel complesso è stato a tale ritmo che ogni 15 anni la produzione veniva raddoppiata ora pensate se si riprendesse (una cosa inaudita nella storia dell’umanità) in cui i progressi sono stati sempre …….. il reddito veniva raddoppiato ogni 100 anni pensate se si riprendesse……..una politica che ha consumato risorse senza fine……….per una politica in cui in 50 anni poi il reddito sarebbe moltiplicato mi pare 150 volte o qualche cosa del genere, una volta ho fatto il calcolo adesso non lo ricordo, una moltiplicazione senza fine delle risorse energetiche delle risorse di materie prime, nelle risorse di territorio nelle risorse di acqua nelle risorse di aria, ma voi pensate sul serio che questo sia possibile, disseccare completamente le risorse del mondo per una produzione di beni per ¾ superflui o eccedentari, o che lasciano nella fame lo stesso il terzo mondo, ma ci pensiamo che fra dieci anni abbiamo 5 miliardi di uomini di cui 4 miliardi alla fame e 1 miliardo che mangia troppo compagni, e questa gente non ci permetterà di vivere sfruttandola compagni(applausi) altro che barbarie sono cose lontane sono cose utopiche non si può cominciare subito ma non c’è un rapporto Brandt che indica la via sia pure graduali per cominciare subito?”
“Ma quello che manca è una politica socialista, e manca una politica della sinistra che si faccia carico di questi problemi, non si faccia carico dell’opportunismo quotidiano, Non è realismo quello di non saper guardare lontano, è irrealismo il guardare da miopi compagni la presbitia è una malattia ma la miopia compagni lasciate a un miope di poterlo dire non è una brillante condizione tanto è vero che la correggiamo”.