Il racconto di Renzo Penna inizia nel 2004 e arriva ai giorni nostri. Parlo di racconto non nel senso letterario del termine, ma come la narrazione di una storia “vera”. Una storia che si legge non solo come testimonianza o come documento, ma proprio e anche perché riesce ad attrarre l’attenzione del lettore per conoscere il seguito, per sapere come andrà a finire quella situazione che è anche il compendio di tante e diverse questioni. Questa è una prima chiave di lettura senza la quale, tuttavia, anche il contenuto dell’intera vicenda raccontata rischia di essere trascurato.
Nel merito la storia sta nel percorso politico di una persona che partendo da una compiuta esperienza sindacale e da un passaggio parlamentare nella stagione del primo “Ulivo”, rientra nel territorio – la città di Alessandria – dove continua a dedicarsi all’impegno politico, occupando per quattro anni anche l’incarico di Assessore all’ambiente della Provincia alessandrina.
Come si sa sono anni difficili per gli aspetti ambientali perché lo sviluppo economico ha trasformato temi che appartenevano alla normale amministrazione in vere e proprie sfide organizzative, gestionali, tecniche e, soprattutto, tali da sollevare interessi, opportunità, vincoli ed interventi relativi anche a situazioni pregresse diventate insostenibili proprio dal punto di vista ambientale e delle condizioni dei cittadini.
La narrazione della vita e dell’impegno di un assessore all’ambiente è l’altra chiave di lettura del libro di Penna. Inizia con l’elezione e la nomina nel giugno del 2004 e si conclude con le dimissioni nel maggio del 2008. Contrastata la nomina, ma molto semplice la fine: una breve lettera di congedo non essendo disponibile ad accettare un taglio delle deleghe in materia ambientale “per la quale ho lavorato con dedizione”. Non deve stupire che a un certo punto della storia ci si imbatta in queste dimissioni dalla responsabilità politica dell’assessorato all’ambiente a fronte di una ridefinizione delle competenze che ne riduceva fortemente l’area d’intervento, ne cambiava il segno, smentendo di fatto l’impegno precedente, pur ampiamente riconosciuto. Paradossalmente quel dimensionamento era proprio l’effetto di quell’impegno che non poteva piacere a tutti e che, evidentemente, aveva preoccupato qualcuno.
In questi quattro anni la narrazione passa attraverso una serie infinita di vicende, di emergenze ambientali, di beni comuni minacciati, di storie pesantissime sullo sfondo, come quella relativa alla fabbrica Eternit di Casale Monferrato con la sua tragica eredità dell’amianto, o dell’ex Acna di Cengio che per decenni ha inquinato la Valle Bormida. Dalla necessità di ricostruire un rapporto di fiducia e di reciproca collaborazione con gli Enti di controllo e la Magistratura in un territorio di confine e per questo soggetto ad essere interessato ed infiltrato da attività illecite proprio nei settori ambientali. Da una qualità dell’aria estremamente cattiva, tipica del territorio padano, da monitorare e combattere, ma anche di progetti di sviluppo attraverso i quali coniugare la sostenibilità ambientale, quella economica e quella sociale. Come con la riscoperta dei corsi d’acqua e la loro rivalutazione, prima attraverso il progetto sperimentale del “Corridoio ecologico dell’Orba” e poi con i “Contratti di fiume”.
Si tratta di tre valutazioni, spesso non facili da contemperare, ma che solo se convivono positivamente insieme consentono di definire come accettabile la qualità di un intervento. E’ il caso della realizzazione in poco più di due anni dell’acquedotto che risolve le ricorrenti crisi idriche di Acqui Terme, possibile solo grazie ad una corretta e sostenibile Valutazione di impatto ambientale, ed è il caso del nuovo indirizzo intrapreso per la gestione dei rifiuti urbani che mette al centro la riduzione, la raccolta differenziata e la strategia del recupero e del riciclo. L’Ambiente aveva iniziato in modo originale promuovendo l’educazione alla differenziata nelle sagre. Ma nel giugno del 2006 è già pronta la “Prima settimana Regionale della Sostenibilità e del Recupero di Materia”. Partita sull’esempio e con la collaborazione della “Fiera di Rimini” che assume la denominazione di EcoLavori e il cui programma si arricchisce di esposizioni, dibattiti, mostre, insomma tutto quanto può servire: “per stimolare la consapevolezza, promuovere l’attenzione e l’azione di ognuno, siano amministrazioni pubbliche, siano imprese, siano singoli cittadini”.
L’anno seguente, il 2007, la Provincia, con il sostegno della Regione, promuove e amplia la precedente esperienza di EcoLavori, inserendo anche le tematiche relative alle questioni energetiche, allo sviluppo delle fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile. E arriva il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. La manifestazione si amplia, ospita la mostra “Remade in Italy” della Regione Lombardia che presenta prodotti industriali realizzati utilizzando materiale riciclato, aumenta l’interesse delle aziende espositrici pubbliche e private, la presenza di visitatori, di scolaresche, di espositori. E si può parlare di un successo. Insomma la Provincia di Alessandria, sembra essersi conquistata, in anticipo sui tempi, una posizione di rilievo nel panorama delle amministrazioni pubbliche italiane con responsabilità in campo ambientale.
Si resta, quindi, fortemente perplessi quando il “racconto” arriva al punto in cui si deve registrare che: “dopo le dimissioni di Renzo Penna da Assessore all’Ambiente, la Giunta della Provincia di centrosinistra ha dapprima, nel 2008, miscelato e confuso EcoLavori con il Salone del biscotto e poi ha abbandonato la manifestazione”.
E dopo la presentazione del Piano Energetico analogo destino ha avuto il concreto progetto della costituzione dell’“Agenzia provinciale per il Risparmio Energetico e lo sviluppo delle Fonti Rinnovabili”. Errori che, peraltro, rientrano in un quadro politico nazionale dove si verifica la prova inversa di un Governo di destra che da tempo in palese difficoltà tuttavia non sembra favorire una crescita di consensi all’opposizione di centrosinistra.
Tornando al nostro racconto quello che a un certo punto balza in evidenza è il grandissimo numero di competenze delle quali si occupa l’Assessorato all’ambiente, lasciando intravedere un impegno che anche dal semplice punto di vista materiale, appare tale da richiedere in questo periodo all’assessore-autore un impegno totale condiviso, insieme, da una struttura di impiegati, di tecnici e dirigenti – insomma di “fannulloni” – senza i quali sarebbe impossibile un consuntivo così denso e articolato. Ma dal racconto si ricava anche l’impressione – e forse qualcosa di più – che non c’erano solo i problemi complessi sul piano organizzativo, tecnico e gestionale da seguire e istruire, ma anche la necessità di far fronte alle sollecitazioni provenienti dagli interessi economici riaffermando la trasparenza nei comportamenti e l’autonomia dell’Ente. Interessi che – e anche su questo sarebbe opportuna una riflessione – non sempre sono in grado di coniugare i propri con quelli più generali. Specie in una fase di evidente debolezza della politica.
Peraltro la vecchia cultura produttivistica della sinistra, mentre trovava i limiti di una situazione economica difficile, aveva anche difficoltà di ordine culturale ad assumere la guida e apprezzare un sistema di innovazione, di ricerca, di nuove soluzioni tecnologiche adatte al nuovo contesto socio-economico e alle nuove domande ambientali. Se le vecchie e le nuove tematiche ambientali si presentavano, come si è visto, in termini sempre più pressanti e lungo un fronte sempre più ampio, allo stesso tempo queste nuove problematiche si incrociavano con i temi sintetizzati nella formula della qualità dello sviluppo e della sua sostenibilità.
L’ambiente non era e non è, dunque, solo un oggetto di conservazione o un servizio a carico della pubblica amministrazione. Contempera certamente anche questi aspetti, ma o diventa il terreno dove le dimensioni economiche si coniugano con quelle sociali, traducendo le soluzioni innovative offerte dallo sviluppo delle conoscenze e offrendo al lavoro condizioni qualitative e quantitative avanzate, oppure quella amministrazione rischia di concorrere negativamente al declino del paese.
Tutti questi aspetti si leggono in questo racconto, anche se l’autore non ama l’enfasi o le facili polemiche. E’ doverosa a questo punto una osservazione che riguarda certamente l’autore, ma che probabilmente ha un rilievo maggiore nel senso che rende evidente una condizione di vita che non ha nulla a che vedere con le immagini correnti della “casta”. Nemmeno con quella sensazione di privilegio che accompagna il “politico”. Ebbene in questa narrazione il privilegio del politico non emerge mentre sono evidenti le condizioni di sollecitazione, di sacrificio, di difficoltà di diversa natura che investono anche la vita quotidiana dello stesso autore. Non sarebbe corretto generalizzare la sensazione di impegno civile che si ricava e si avverte dalla lettura di questo libro, ma sarebbe altrettanto e forse maggiormente scorretto non rilevarla.
Certamente hanno aiutato e aiutano Renzo Penna i riferimenti ad una storia personale che vede tra i suoi maestri i Fernando Santi, i Riccardo Lombardi, i Fausto Vigevani. Ma viene spontaneo aggiungere che si tratta di maestri a disposizione di tutti, basta volerli ascoltare.
Sergio Ferrari*
* Ricercatore – già vice Direttore Generale dell’Enea di cui ha diretto il Dipartimento per la Ricerca Tecnologica e la Direzione Studi.