Il 2 giugno del 1946 i cittadini italiani hanno scelto di vivere in una Repubblica e in quella importante giornata ha preso il via il processo costituente che ha portato alla nascita della nostra Costituzione. Il 2 giugno, come ogni anno, festeggiamo, in tante iniziative, la festa della Repubblica e della Costituzione italiana. Una Costituzione, la nostra, fondata sui principi e i valori fondamentali della democrazia, della libertà, del lavoro, della partecipazione, dell’uguaglianza, della solidarietà e della pace. Una Costituzione che da una parte, deve essere ancora pienamente attuata nei suoi principi fondamentali, dall’altra ha mostrato negli ultimi anni alcune criticità per quanto concerne l’assetto istituzionale che ne richiedono una aggiornamento mirato. Nel giorno della festa della Repubblica è quindi necessario ribadire con forza l’urgenza di dare piena attuazione ai principi e ai valori fondamentali sanciti nei primi articoli della nostra Carta, quegli articoli in cui il Lavoro è posto a fondamento della Repubblica ed è sancito che è compito della Repubblica promuovere le condizioni perché a tutti i cittadini sia riconosciuto il diritto al lavoro, in cui i diritti dell’uomo sono riconosciuti come inviolabili, in cui a tutti i cittadini è riconosciuta pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge, in cui alla Repubblica è assegnato il compito di rimuovere ogni ostacolo al pieno sviluppo della persona e alla piena partecipazione di tutti i cittadini alla vita del Paese, in cui lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica sono oggetto di promozione, non di mortificazione.
In occasione di questa giornata e in questa fase politica del nostro Paese non è possibile esimersi dall’esprimere preoccupazioni per le ipotesi di riforma della Costituzione che sono all’ordine del giorno del dibattito politico da molti anni, spesso per nascondere il discutibile tentativo di rilegittimare la rappresentanza politica in crisi con modifiche costituzionali e per l’ancor più discutibile tentativo di ridurre gli spazi della partecipazione e della rappresentanza politica e sociale in favore della governabilità. Questi tentativi, tuttavia, non eludono l’esigenza reale di rispondere alle criticità del sistema istituzionale emerse negli ultimi anni, in particolare in relazione al Titolo V, modificato nel 2001, e al bicameralismo perfetto. Criticità che hanno evidenziato la necessità di un luogo istituzionale in cui fosse realizzabile quell’esercizio collettivo dell’autonomia legislativa e organizzativa della Repubblica, indispensabile in un sistema decentrato, e di una ridefinizione della ripartizione delle materie e delle funzioni tra Stato e Regioni che porti al raggiungimento del punto di equilibrio tra valore unitario dei diritti e assetto decentrato delle competenze, a cominciare dalla definizione completa dei livelli essenziali delle prestazioni a garanzia dell’uniformità dei diritti sociali su tutto il territorio nazionale.
La CGIL, già un anno fa, ha proposto di superare il bicameralismo perfetto e di istituire una seconda Camera rappresentativa delle Regioni e delle Autonomie locali, dotata di funzioni proprie e non di competenze residuali, luogo istituzionale in cui la cooperazione tra i differenti livelli di governo possa superare le contraddizioni poste da un sistema diviso tra una legislazione centralizzata e un sistema dei servizi decentrato che, in anni dominati dai tagli lineari, ha avuto ricadute sull’efficacia e l’efficienza delle amministrazioni locali nel garantire servizi ai cittadini, e ha reso meri esecutori di scelte prese altrove i rappresentanti delle istituzioni territoriali.
La necessità di rispondere a queste criticità, però, deve tradursi, per la CGIL, in un rinnovato assetto istituzionale che restituisca centralità al Parlamento, riqualificandone l’attività e valorizzando la rappresentanza politica e sociale, e in un allargamento della partecipazione e della rappresentanza con la realizzazione di un luogo istituzionale in cui le autonomie abbiano effettiva cittadinanza. Un Senato privo di poteri reali, incapace di incidere sulle scelte che hanno ricadute sulle titolarità del sistema delle autonomie e, quindi, incapace di porsi, in un sistema decentrato come il nostro, come naturale contrappeso alle scelte della Camera in materia di equilibri istituzionali, porterebbe ad un riassetto delle istituzioni che ne stravolgerebbe il ruolo, sancendo una sorta di centralismo “ademocratico” e un’inaccettabile riduzione dello spazio pubblico, perpetrato, per di più, utilizzando l’inaccettabile argomento del “risparmio” e dei tagli di spesa. La democrazia non è un inutile “costo” da tagliare, ma un valore da difendere rafforzando, qualificando e rendendo sì più efficienti le istituzioni e valorizzando la funzione dei corpi intermedi.
Pur non essendo quindi contrari aprioristicamente ad una revisione mirata della seconda parte della Costituzione che porti al superamento del bicameralismo perfetto e alla riforma del Titolo V, riteniamo che tali interventi non debbano portare ad uno stravolgimento dell’assetto istituzionale con una rottura dell’equilibrio tra i poteri e alla mortificazione della partecipazione dei cittadini e della rappresentanza politica e sociale, come avverrebbe con un Senato privo di funzioni reali e una riduzione degli spazi aperti dal decentramento.
Le riforme da intraprendere non devono portare in alcun modo allo snaturamento del sistema parlamentare:
né implicitamente riducendo gli spazi di partecipazione e rappresentanza in favore della “governabilità”;
né, tanto meno, esplicitamente proponendo modifiche alla forma di governo che introducano premierati forti o qualsivoglia cambiamento che porti ad un sopravalore del governo sul parlamento, ridotto a ratificatore delle scelte governative, anziché luogo istituzionale in cui la pluralità della società trova democraticamente spazio e la Nazione la sua rappresentanza.
Per queste ragioni, inoltre, non possiamo che confermare, anche in questa occasione, grande preoccupazione per la proposta di legge elettorale, approvata in prima lettura alla Camera, che antepone l’obiettivo della governabilità e della stabilità al rispetto dei principi costituzionali di rappresentanza e di uguaglianza del voto, tradendo il dettato costituzionale secondo cui la sede esclusiva della rappresentanza politica nazionale sono le assemblee parlamentari e non i governi.
In occasione della festa della Repubblica e della Costituzione confermiamo quindi che per la CGIL è prioritario vigilare sulle riforme istituzionali proposte affinché non ci sia alcuno stravolgimento dei valori e dei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Su tutti quelli della rappresentanza politica e sociale e della partecipazione democratica.
No ad una mortificazione del Parlamento in favore della “governabilità”.
Su questi temi e sulle nostre proposte siamo pronti a costruire le più ampie alleanze, come già fatto nel 2005 contro la “grande riforma” del centrodestra sconfitta con il referendum costituzionale del giugno 2006.