PREMESSA dell’Autore

 

Questo è il racconto di un lavoro e di un impegno durato quattro anni e bruscamente interrotto. Una finestra aperta su un’attività politico-amministrativa la cui conoscenza, di norma, si tramanda attraverso varie mediazioni e, come sempre in questi casi, diviene più rigida e meno argomentata. La descrizione semplice, in qualche caso diaristica delle cose fatte, degli aiuti ricevuti, degli ostacoli superati, delle molte resistenze frapposte, di nuove conoscenze e di qualche risultato raggiunto. Con l’inserimento di episodi e aneddoti minori ricostruiti con minuzia e pazienza a sostegno dell’impianto che guida la narrazione e, per contro, le incertezze e le ambiguità della politica divisa tra scetticismo e paura dell’impopolarità, ma anche troppo timida nell’autonomia progettuale.

Ma, prima di tutto, è la conferma della decisività dell’ambiente per l’oggi e, ancora di più, per il domani. La riscoperta di un tema che, anni prima, avevo conosciuto e praticato come incontro tra la necessità, comunque, del lavoro per sopravvivere e la lotta per non più svendere, ma affermare il diritto alla salute. Un punto mediano vissuto dentro i confini della fatica che non comprendeva, ancora pienamente, le conseguenze su ciò che capitava fuori, nella natura e sul territorio. “Acna” di Cengio e “Eternit” di Casale Monferrato i simboli estremi di quella stagione.

Oggi non è più rinviabile una rilettura della modernità dispiegata su modelli di vita meno invasivi, più sobri, ma non per questo più poveri, responsabili nell’uso delle risorse naturali e coscienziosi nel rispetto della reciproca convivenza. Mentre è ovvio che un cambiamento di questa rilevanza è soprattutto culturale, laddove il mercato non è più al servizio dei bisogni, delle leggi e dei governi, ma padrone assoluto e, come conseguenza, prevale l’equazione “minori consumi uguale impoverimento”. Dove la disuguaglianza tra ricchi è poveri è grandemente accresciuta e l’esibizione della ricchezza ha da tempo sconfitto prudenza e ritrosia.

Una questione, quella ambientale, nel nostro Paese ancora negletta. Considerata generalmente un limite, un ostacolo, sia dall’industria che dalla politica. Una condizione che già rappresenta un ritardo grave nei confronti delle principali nazioni europee, in particolare, nei settori economici che basano la ricerca e lo sviluppo sull’ecologia e le nuove produzioni verdi. Le uniche che non hanno subito la crisi e, al contrario, creato lavoro e occupazione. Scegliendo di governare i cambiamenti climatici, ponendo un freno agli sprechi, all’uso delle risorse e decidendo di mettere al primo posto dello sviluppo il rispetto dei limiti naturali e la sostenibilità.

Un limite e un ritardo, nonostante sia stata una straordinaria figura di intellettuale italiano, Aurelio Peccei, a presiedere e animare, sin dal 1968, il Club di Roma. L’organismo internazionale che nel “rapporto” del ’72 aveva con lungimiranza già previsto le conseguenze “più crudeli di una crescita incontrollata” e indicato le nuove strade in grado di “padroneggiare il futuro”.

Nella politica italiana, il sentimento che prevale nelle forze della destra è apertamente ostile all’ambiente e alla natura. Sostenitore dei consumi come leva esclusiva di una crescita basata sulle quantità, facilitatore della cementificazione del suolo e delle “grandi opere”, allergico alle regole, sospettoso nei confronti della cultura e del sapere. Al contrario un modello di sviluppo sostenibile vive e ha bisogno, in primo luogo, di legalità, di un contesto trasparente in cui le regole si applicano e rispettano. Si basa sul sostegno alla formazione, all’innovazione, alla ricerca e ha bisogno di un settore Pubblico competente, riconosciuto ed efficace.

Ma il ritardo sui temi ambientali non è patrimonio esclusivo delle forze più conservatrici in politica e tradizionali nella produzione. Comprende anche quelle che fanno riferimento al centro sinistra. Non si capirebbe altrimenti l’insensibilità di troppe amministrazioni nei confronti delle politiche di prevenzione e manutenzione del territorio, della priorità da assegnare all’idrologia, alla difesa del suolo. In una realtà tanto fragile e soggetta ripetutamente a frane, allagamenti e terremoti. Così come la difficoltà ad affermare l’acqua come un bene comune non privatizzabile, o i silenzi sulle agevolazioni pubbliche concesse per anni nei confronti dell’incenerimento dei rifiuti, considerati alla stregua di energie rinnovabili.

O, nel campo della mobilità, i limiti storici del trasporto pubblico delle persone e delle merci. Che ha avuto come conseguenza lo sviluppo abnorme di quello privato, causa prima, oggi, degli incidenti stradali e, nelle città, di tassi elevati di inquinamento con pesanti conseguenze sulla salute.

L’esperienza insegna che la trasparenza dei comportamenti è cruciale per vincere diffidenze, modificare abitudini radicate, e conquistare convinzioni tiepide. La fiducia è l’elemento che può fare la differenza, la chiave con la quale la politica può ripristinare un rapporto ferito, logorato e riaprire le porte alla partecipazione dei cittadini responsabilmente coinvolti.

Quest’ultima, data per morta, non lo è affatto se si propongono soluzioni coerenti, attuabili e riscontrabili ai problemi concreti. Ne ho avuto personale dimostrazione nella mia esperienza nel corso della quale ho incontrato numerose persone molte delle quali, superata l’iniziale diffidenza dovuta anche alla scarsa informazione, hanno collaborato a nuovi progetti, alcune con entusiasmo, quasi tutte di buon grado.

L’ambito in cui si svolge il racconto è quello di una provincia, di medie dimensioni, del nord-ovest, che comprende 190 comuni, suddivisi in sette centri zona, autonomi e in competizione, e due comunità montane. Un territorio di confine con altre regioni, senza grandi centri, di cui però avverte l’influenza e un capoluogo, Alessandria, storicamente non riconosciuto come tale.

Un’area che ha subito e, in parte, ancora subisce inquinamento dall’industria, disseminata di complicati e perenni siti da bonificare e, in quanto alla qualità dell’aria, risente dei problemi tipici della pianura Padana. Ma un territorio interessato, negli anni, da lotte in difesa della salute, dell’ambiente e del paesaggio, con parchi curati, irrequieti e generosi corsi d’acqua, zone di collina e comunità montane. Tutti dedicati alla tutela e impegnati nella sua valorizzazione.

Il ruolo di chi racconta è quello di assessore all’ambiente di un Ente, la Provincia, messo genericamente in discussione, ma che, in campo ambientale, nel tempo, ha avuto l’assegnazione dalla Regione di tutte le competenze per esercitare, in collaborazione con altri enti, i controlli e favorire negli indirizzi un cambiamento delle politiche.

Il merito del lavoro, dopo due capitoli che motivano e introducono, è suddiviso nei quattro tradizionali comparti: l’acqua, l’aria, i rifiuti e l’energia. Una ripartizione un po’ artificiosa, ma utile a dare forma compiuta alle specifiche trattazioni. Che, nel quotidiano, sovente accadono contemporaneamente e, tra loro, si intrecciano sovrapponendosi.

Quello dedicato ai rifiuti è il più corposo, per una oggettiva difficoltà. L’energia il più contenuto, essendo recente il tumultuoso sviluppo delle fonti rinnovabili. Alle quattro sezioni se ne è aggiunta una quinta che rappresenta una sorta di compendio dei diversi temi. La fiera di “EcoLavori” che ha significato per il gruppo dell’Ambiente l’impegno più rischioso, difficile, ma di maggiore innovazione.

Infine va detto che il periodo considerato è ricompreso tra il 2004 e il 2008 con un aggiornamento al 2010 sui temi principali. Sono stati quattro anni intensi di studio, di responsabile autonomia, ma anche di lavoro quotidiano e di impegno collettivo.

Per questo mi sento di ringraziare, per la loro collaborazione, i dipendenti dell’Assessorato e dell’Autorità delle Acque dell’alessandrino. E, per tutti, i Dirigenti all’Ambiente Claudio Coffano e Giuseppe Puccio, e il Direttore dell’Ato6, Renzo Tamburelli.

Un impegno che ha spesso riguardato temi delicati e complessi ed è stato reso più agevole anche dalla reciproca fiducia che si è, nel tempo, consolidata con i responsabili degli Enti di Controllo. E in particolare l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, indubbiamente, quello con il quale maggiore è stata la consuetudine. Nello specifico, con il Direttore dell’Arpa di Alessandria, Alberto Maffiotti, che ringrazio per la disponibilità dimostrata.

Per i preziosi consigli che hanno facilitato l’edizione di questa pubblicazione, ringrazio, poi, Marco Grassano del quale sono presenti nel testo alcuni scritti. E, per il concreto aiuto prestato alla sistematizzazione e composizione dei capitoli sul web, Filippo Boatti.

Ringrazio, infine, per la prefazione l’amico Sergio Ferrari. È forse troppo elogiativa ma, conoscendo il suo rigore e la sua nota intransigenza di originale stampo “lombardiano”, l’accetto essendogli riconoscente. E Grazia, mia moglie, per la rigorosa e puntuale rilettura del testo.

R. P.

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